Sono un gruppo di studenti universitari torinesi che hanno dedicato la loro estate ai profughi del campo di Suda e Dipethe sull’isola di Chios: Si tratta di Benedetta Servi, studentessa di 25 anni nel Corso di laurea magistrale di Psicologia Clinica, Luigi Rendina, studente di 24 anni nel Corso di laurea magistrale di Giurisprudenza, Ambra dalle Molle, studentessa di 24 anni nel Corso di laurea magistrale di Giurisprudenza, Andrea Palamenghi, studente di 24 anni nel Corso di laurea magistrale di Biotecnologie mediche, Verdiana Gallo, studentessa di 25 anni nel Corso di laurea magistrale di Medicina e Chirurgia, Andrea de Francesco, studente di 24 anni del Master di cinema documentaristico e Emanuele Scognamiglio, studente di 27 anni nel Corso di Laurea Magistrale Politiche sociali e del territorio, l’unico che vienne da Napoli.

L’idea era stata di Luigi e Ambra che hanno pensato di proporre ai loro amici un viaggio estivo diverso da quelli che hanno fatto nel passato, un viaggio allo scopo di contribuire alla situazione di particolare emergenza che vivono i rifugiati in Grecia.

Sei BenedettaBenedetta è molto interessata allo studio e all’osservazione delle dinamiche psicologiche dell’individuo e a quelle sociali delle masse, crede nel potere della mescolanza delle culture ed è intollerante ad ogni forma di discriminazione. Luigi è particolarmente interessato alle categorie di soggetti che per diversi motivi possono considerarsi deboli e fragili. In particolare ha approfondito la categoria dei minorenni, dei detenuti e dei migranti. Si interessa a vicende politiche sia interne che estere, partecipando anche a momenti di dibattito cittadino pubblico. Ambra si interessa alle culture differenti dalla nostra, ha imparato da piccola il concetto di mettersi al servizio degli altri e cerca di essere sempre disponibile verso il prossimo con solarità e gentilezza (lei faceva parte di un gruppo scout e ha avuto dell’esperienza con un bambino disabile). Andrea P. vorrebbe lavorare all’estero in qualità di antropologo e patologo forense, di vittime di genocidi e disastri di massa. Verdiana si interessa alle culture diverse (ha insegnato l’italiano a ragazzi provenienti dalla Nigeria) e fa parte del gruppo giovani di Amnesty International di Torino. Andrea de F., colpito dalle difficoltà affrontate dai profughi, sta realizzando un documentario sulla vita dei migranti. Infine, Emanuele si è sempre sentito più vicino con le persone vulnerabili. Per questo ha partecipato ad alcuni progetti sociali relativi a fenomeni migratori sia in Italia che in Portogallo. 

Punto Grecia li ha incontrati e li ha chiesti una serie di domande sulla loro esperienza d’estate :

PG: Come mai avete deciso di venire in Grecia per fare qualcosa per i profughi ?

SpSei Ambra ragazziC : Siamo partiti con la consapevolezza di apportare un contributo infinitesimale, però ci ha spinto la voglia di osservare con i nostri occhi una realtà che è impossibile da comprendere a pieno dalle informazioni e dalle immagini dei media di massa. Il nostro obiettivo non era tanto quello di cambiare qualcosa nella vita dei profughi che si aggrappano quotidianamente alla speranza di ricevere una risposta positiva alla loro richiesta d’asilo, bensì quello di tornare in Italia con un vissuto in grado di arricchire le nostre sensibilità e di raccontare la nostra esperienza organizzando momenti pubblici di confronto e testimonianza affinchè la comunità di persone che ci circonda abbia qualche stimolo in più per riflettere con meno pregiudizi e maggior interesse circa questa situazione geopolitica.

PG: Avete già fatto qualcosa di simile in Italia? Se no, ne pensate ? E perchè la Grecia piuttosto che l’Italia?

SpC: Nessuno di noi aveva precedentemente fatto un’esperienza di volontariato simile e abbiamo deciso di farla in Grecia piuttosto che in Italia perchè siamo entrati in contatto più facilmente con organizzazioni impegnate sul territorio greco per garantire ai profughi beni di prima necessità. Siamo stati a Chios dal 24 luglio al 9 agosto e abbiamo collaborato con l’organizzazione “Drapen i havet” occupandoci nei campi Souda e Dipethe della distribuzione dei tre pasti giornalieri ( colazione, pranzo e cena ), della distribuzione dell’abbigliamento quando c’erano sufficienti vestiti per tutti i profughi e delle attività ludiche con i bambini. Siamo stati turbati osservando come persone di ogni età siano obbligate a trascorrere le giornate senza poter svolgere alcuna attività, in costante e frustrante attesa di una risposta circa la loro richiesta d’asilo, vivendo nella totale incomprensione delle dinamiche burocratiche. Sperando di portare un minimo contributo al benessere giornaliero dei richiedenti asilo, abbiamo donato 2000€ per acquistare dei libri, sia di lettura sia di grammatica inglese, per attivare un servizio di biblioteca in modo tale che possano impiegare fruttuosamente il loro tempo libero. Inoltre ogni giorno abbiamo voluto dedicare diverse ore a chiacchierare e a confrontarci con i profughi per conoscere la loro cultura e le loro storie, le loro preoccupazioni e le loro speranze. Sono stati innegabilmente questi i momenti più intensi che abbiamo vissuto perchè l’unica sensazione percepibile in quelle circostanze era la profonda umanità che riempiva quelle chiacchierate.

Sei Andrea

PG : Secondo voi, quale dev’essere la politica d’immigrazione di Europa ? Pensate che dovrebbe esistere una politica comune?

SpC : Da quando siamo tornati ci stiamo interrogando su quale possa e debba essere la politica europea d’immigrazione e non abbiamo le competenza né le conoscenze per darci una risposta esauriente, però sicuramente pensiamo che l’Europa non si stia dimostrando in grado di gestire questi flussi migratori e che stia dimostrando che il progetto di un’Europa intesa come una federazione di Stati, avviatosi negli anni ’90, sia drammaticamente fallito. L’obiettivo della libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali si può considerare raggiunto solo per le merci e i capitali e assolutamente mancato e frustrato per quanto riguarda servizi e persone. Noi crediamo che l’Europa possa riacquistare una credibilità solo mettendo al centro del suo progetto l’obiettivo della libera circolazione delle persone, abbandonando le politiche di chiusura delle frontiere dettate dalla paura per il terrorismo, caratterizzata da pregiudizi fomentati dalle forze di estrema destra che stanno avendo la meglio in tutta l’Europa.
Riteniamo inoltre che debba metter fine alle violazioni dei diritti umani perpetrate dalle forze dell’ordine di alcuni Paesi dell’Unione ai loro confini nei confronti dei migranti che tentano di varcarli e che debba altresμ garantire delle condizioni di vita dignitose a coloro che attendono una risposta alla richiesta dello status di rifugiato. Pensiamo anche che i flussi migratori cui stiamo assistendo negli ultimi anni siano assolutamente gestibili dall’Europa se ci fosse una collaborazione tra gli Stati dell’Unione, concretizzabile anche e soprattutto in una ripartizione dei migranti nei diversi Paesi. Dunque condanniamo l’incapacità di affrontare il problema in qualità di Unione di Stati abbandonando principalmente l’Italia e la Grecia in questa situazione d’emergenza. È impensabile che questi due Paesi senza il supporto dell’Unione e con la vigenza dell’assurda Convenzione di Dublino del 1990 possano e riescano a gestire l’emergenza in modo efficiente e apprezzabile. Infine auspichiamo che l’Unione Europea decida di promuovere delle politiche di integrazione comuni a tutti i Paesi membri optando per una netta inversione di marcia rispetto alle politiche di non inclusione cui abbiamo assistito nella maggior parte dei Paesi europei. Solamente delle politiche di integrazione fondate sulla consapevolezza che un migrante sia una risorsa sociale, culturale ed economica per l’Europa possono sconfiggere la deriva culturale trainata dalle forze di estrema destra ispirata a principi xenofobi e razzisti.

Sei ragazzini

PG : Potete descrivere un’ episodio della vostra vita in Chios, nel campo di Souda, che vi ha veramente colpito?

SpC : L’episodio emotivamente più forte si è verificato domenica 7 agosto quando alle 10.30 è arrivato un barcone con 44 profughi proprio sulla spiaggia accanto al Souda Camp. È stato di forte impatto vedere questi migranti sconvolti che scendevano dal barcone e che sono stati fatti sedere per terra in uno spazio delimitato da transenne per l’identificazione. È stato emotivamente altrettanto forte veder i profughi residenti al Souda Camp accorrere per aiutare i nuovi arrivati a scender del barcone e i bambini donar loro la colazione appena ricevuta, tutti speranzosi di vedere amici e parenti provenienti dalle loro stesse terre.

PG: Com’era il ritorno in Italia ? 

SpC: Il riSei Luigientro in Italia è stato emotivamente molto difficile perchè siamo stati subito sopraffatti da una sensazione di tristezza per aver lasciato delle persone con cui abbiamo condiviso molti pensieri e parole in una situazione assolutamente indegna e disumanizzante, nonché da una sensazione di impotenza per non poter concretamente fare qualcosa di significativo per modificare questa realtà. Tuttavia abbiamo deciso di organizzare dei momenti di confronto e di racconto pubblico nella nostra città per raccontare la nostra esperienza col fine di focalizzare l’attenzione dei nostri consociati sul tema dell’immigrazione conferendo ad esso storie e volti dei protagonisti di questo tragico fenomeno e non solo numeri finalizzati ad una osservazione di esso meramente statistica.

Per conoscere i ragazzi e avere un’idea della loro esperienza a Chios, vedete anche la loro pagina Facebook : https://www.facebook.com/seiperchios/ e leggete un articolo per essi su La Stampa

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