Non c’è più grande dolore sulla terra della perdita della propria terra natia (Euripide)
Μόχθων δ’ουκ άλλος ύπερθεν ή γας πατρίας στέρεσθαι.
Δεν υπάρχει χειρότερος πόνος από τη στέρηση της πατρικής γης (Ευριπίδης)
Quest’anno ricorre il centenario della distruzione di Smirne, quando la città è stata avvolta dalle fiamme e un intero popolo è stato sradicato dalle proprie case, mentre centinaia di migliaia sono morte violentemente.
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L’arrivo dei profughi dell’Asia Minore in Grecia creò nuove condizioni nel territorio greco: i profughi, come venivano chiamati, affrontavano i sospetti e spesso l’ostilità da parte della gente in loco, come si può vedere nei riferimenti fatti nei romanzi, come nelle opere teatrali di Didó Sotiriu o Ilias Venezis.
Nel complesso, il loro contributo è stato fondamentale poiché molti di loro eccellevano in molti settori della vita quotidiana (commercio, industria, lettere e arti), mentre la loro presenza ha aumentato la popolazione nelle regioni greche, come in Macedonia.
Scrittori originari dell’Asia Minore, come Ilias Venezis, Kosmás Politis, Stratís Dukas, Giorgos Ioannu, Didó Sotiriu, Strátis Myrivilis hanno influenzato la letteratura greca e hanno messo su carta le loro testimonianze di questo periodo disastroso per l’ellenismo.
Le loro opere descrivono le esperienze della loro vita a Smirne, si riferiscono alle scene drammatiche che si sono svolte durante la sua distruzione da parte dei turchi, al dolore, alla persecuzione, ai ricordi e al contrasto tra il primo periodo del benessere e il successivo periodo di miseria e tristezza. Ecco un riferimento ad alcune delle loro opere tradotte in italiano.
⁂ Stratìs Dukas -Storia di un prigioniero (Ιστορία ενός αιχμαλώτου)
Stratìs Dukas nacque il 6 maggio 1895 a Moschonisia, isola situata tra Lesbo e la costa egea della Turchia, di fronte all’odierna Ayvalık, l’antica Cidonie e morì ad Atene nel 1986. Critico d’arte e pittore, fu in prima linea nei drammatici fatti storici che nel 1922 sancirono la fine della grecità microasiatica. Furono proprio questi eventi a segnare profondamente la sua coscienza e a decretarne la fama di scrittore con un’opera interamente ispirata ad essi: con la pubblicazione della Storia di un prigioniero tradotto da Dukas si impose immediatamente all’attenzione della critica, mantenendo da allora costante il favore del pubblico. La traduzione è di Francesco Scalora mentre la prima versione italiana è stata pubblicata nel volume F. Scalora, Voci dall’Egeo (Palermo University Press 2020).
⁂ Ilìas Venezis- Il numero 31328 (Τὸ νούμερο 31328)
Pseudonimo del narratore greco Ilìas Mèllos (Ayvalik, Balikesir, 1904-Atene 1973). Deportato in campo di concentramento (1922), quindi espulso dalla madre patria, rievocò le tragiche esperienze dei greci dell’Asia Minore nei romanzi Τo νούμερο 31328 (Il numero 31328, 1947) e Γαλήνη (Quiete, 1939).
Il numero 31328 é una dolente e corale testimonianza, una denuncia serrata degli orrori della guerra e dell’odio «questa potenza talmente deificata, ma che si rivela così sterile», tradotta per la prima volta in italiano in occasione del centenario di quella «Catastrofe dell’Asia Minore» che ha segnato la storia e la cultura greca.
Secondo il traduttore del libro, Francesco Colafemmina, «La vita nei battaglioni di lavoro all’interno dell’Anatolia preannuncia né più né meno l’inferno concentrazionario della Seconda Guerra mondiale. Ma è proprio lì che si manifesta la grande maestria di Venezis, la cui lingua scabra e immediata, priva di superflui giudizi morali, in grado di scandagliare l’animo umano senza attardarsi in inutili ghirigori psicologici, mette in mostra la crudeltà, la bestialità dell’uomo, la sua improvvisa discesa agli inferi. Più si cammina fra pietre taglienti e rovi, poi, più si affievolisce l’umanità anche fra gli “schiavi”, fra i prigionieri deportati, a testimonianza di quanto fragile possa essere il cuore dell’uomo quando è piagato da sofferenze fisiche oltre che morali».
⁂ Didò Sotirìu -Addio Anatolia (Terre insanguinate -Ματωμένα Χώματα)
Didò Sotirìu (Aydin 1911 – Atene 2004) fu trasferita con la famiglia ad Atene dopo la catastrofe del 1922, esercitò il giornalismo, impegnandosi in favore dell’emancipazione della donna. I suoi romanzi (Οἱ νεκροὶ περιμένουν “I morti aspettano”, 1959; Ματωμένα χώματα “Terre insanguinate”,1962;Μέσα στὶς ϕλόγες “Dentro le fiamme”, 1978; Κατεδαϕιζόμεϑα “Rasi al suolo”, 1982) ebbero grande notorietà anche all’estero. È autrice di testi drammatici che affrontano in modo diverso questioni riguardanti la libertà e la dignità dell’uomo (Θέατρο. Δύο ϑεατρικὰ ἔργα καὶ ἔνας μονόλογος “Teatro. Due opere teatrali e un monologo”, 1995). Addio Anatolia (Terre insanguinate é il primo titolo in greco) è ormai considerato un classico della letteratura greca contemporanea.
E´ la storia, epica e drammatica, della scomparsa dell’ellenismo dalle terre in cui era insediato da tremila anni, un racconto di un paradiso perduto. Seguendo le peripezie del protagonista Manolis e dei suoi compagni di sventura, Didò Sotirìu offre al lettore un romanzo avvincente e, allo stesso tempo, uno sguardo ricco di umanità e di una limpidezza rara sulla Grande Catastrofe dell’Asia Minore. La tragedia, viene infatti descritta dall’autrice – che fu lei stessa, a soli tredici anni, una di quei profughi greci scampati ai massacri e costretti all’esilio dalla terra natìa – con grande equilibrio e apprezzabile assenza di partigianeria.
⁂ Strátis Myrivilis- La Madonna del mare (Η Παναγιά η Γοργόνα)
Nato a Sikamnià di Mitilene nel 1892 morí ad Atene nel 1969, é un narratore di vigorosa immediatezza espressiva, animato dal realismo più crudo e, a momenti, da un forte afflato lirico. Dalla sognante evocazione del passato e della fulgida natura greca è nato il suggestivo romanzo Η Παναγία η Γοργόνα (1949; trad. it. La Madonna del mare, 1960).
I motivi basilari dell’immortale quotidianità dati con esemplare grecità, fanno de La Madonna del mare una delle opere letterarie più capitali della lingua greca. Il tema principale del romanzo è la lotta dei profughi dell’Asia Minore – che hanno lasciato le loro case subito dopo la catastrofe dell’Asia Minore – per vivere e mettere radici nella loro nuova patria, il piccolo villaggio di Skala Sykamias a Lesbo.
Da rileggere su Punto Grecia
P.K.