Lunedì scorso nella capitale belga i capi di Stato e di governo dell’Unione europea e il primo ministro turco Ahmet Davutoğlu non sono riusciti a raggiungere un accordo sulla gestione della crisi dei profughi e migranti, “in particolare per quanto concerne la rotta dei Balcani occidentali”. Dopo dodici ore di incontri i leader europei hanno concordato soltanto di continuare a negoziare, aggiornando la decisione al prossimo Consiglio Europeo del 17 e 18 marzo.
C’è stato anche qualche momento di tensione: la Turchia ha avanzato richieste politiche e di ulteriori finanziamenti, irrigidendo in tal modo le posizioni dei Paesi contrari ai piani di redistribuzione. Infatti Budapest è arrivata a porre il veto. Ankara chiede altri tre miliardi di euro, oltre ai tre già previsti, e offre di riprendere tutti i migranti che illegalmente hanno raggiunto l’Ue (da una certa data in poi) proponendo un meccanismo secondo il quale, “per ogni siriano che la Turchia riammette dalle isole greche, un altro siriano sia reinsediato dalla Turchia negli Stati membri dell’UE”. Inoltre il governo turco ha chiesto l’apertura di nuovi capitoli del processo di adesione Ue e la liberalizzazione dei visti entro la fine del giugno.
Tuttavia, una dichiarazione congiunta è stata firmata e diffusa al termine del vertice, nella quale “i capi di Stato o di governo hanno convenuto che sono necessarie iniziative coraggiose per chiudere le rotte del traffico di esseri umani, smantellare il modello di attività dei trafficanti, proteggere le … frontiere esterne e porre fine alla crisi migratoria in Europa”. E per questo “hanno sottolineato l’importanza dell’attività della NATO nel mar Egeo”.
Secondo l’“accordo di principio” raggiunto, “affinché tale situazione possa perdurare è necessario [tra gli altri] … stare al fianco della Grecia in questo momento difficile e fare tutto il possibile per contribuire a gestire la situazione. … fornire una risposta immediata ed efficace alla situazione umanitaria estremamente difficile in rapida evoluzione sul terreno … fornire ulteriore assistenza alla Grecia nella gestione delle frontiere esterne, comprese quelle con l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia e l’Albania … aiutare la Grecia ad assicurare il ritorno generale, su larga scala e accelerato in Turchia di tutti i migranti irregolari che non necessitano di protezione internazionale … accelerare in maniera significativa l’attuazione della ricollocazione al fine di alleviare il pesante onere che grava attualmente sulla Grecia”.
Inoltre si afferma la volontà di “ripristinare il normale funzionamento dello spazio Schengen prima della fine dell’anno”.
Invece questo documento “non fissa nuovi impegni per gli Stati membri per quanto concerne la ricollocazione e il reinsediamento”. Si tratta di “misure urgenti che devono essere adottate nel contesto dell’attuale situazione sul terreno e dovrebbero essere oggetto di costante valutazione”.
Arrivando al vertice, Alexis Tsipras ha sottolineato come “tutti debbano attuare le decisioni comuni” perché “uno dei principi fondatori dell’Europa è condividere responsabilità, oneri e solidarietà, e io auspico che questi principi e regole valgano per tutti“.
Il direttore dell’Unhcr per l’Europa Vincent Cochetel considera intanto che “un’intesa” che prevede espulsioni collettive “verso un Paese terzo non è in accordo con il diritto europeo e internazionale”. “Dovremo vedere quali saranno le garanzie. Non posso credere che l’Unione europea raggiunga un accordo di riammissione verso un Paese terzo con meno garanzie di quelle previste per la riammissione in un Paese dell’Ue”, commenta Cochetel l’intesa tra Ue e Turchia sui migranti.
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