Per decenni, era esposto fra le antichità della galleria greco-romana del Metropolitan Museum of Art a Nuova York. Un vaso di 2,300 anni, utilizzato nei tempi antichi per miscelare l’acqua e il vino, creato dall’artista greco Python il 360 a.C considerato uno dei due più importanti pittori di ceramica del suo tempo, è stato sequestrato dal museo la settimana scorsa, in quanto c’è la prova che è stato rubato da tombaroli in Italia il 1970. Gli investigatori dall’ufficio del procuratore di Manhattan hanno emesso un mandato il 24 luglio dopo aver investigato basandosi su foto e altre prove che gli ha inviato a maggio il dottore Christos Tsiroyiannis, un archeologo e ricercatore di circuiti internazionali di saccheggiatori, dall’Università di Glasgow.
Nel vaso viene raffigurato il deo Dioniso su un carrello tirato da un Satiro. MET l’aveva comprato in un’asta di Sotheby’s il 1989 per 90,000 dollari. Anche se non ha lo stesso valore con il cratere di Efronio, il contenitore è comunque considerato un oggetto salvato di gran importanza da un periodo in cui i Greci colonizzarono Poseidonia (Paestum) in Campagna, dove eressero templi e hanno creato opere d’arte di incomparabile bellezza! La polizia crede che questo contenitore insieme con il cratere di Efronio erano nelle mani di Giacomo Medici, un mercante d’arte italiano arrestato il 1997 e condannato il 2004 per contrabbando di antichità.
Christos Tsiroyiannis aveva pubblicato i suoi sospetti al “Journal of Art Crime” per la prima volta il 2014 e aveva fatto il contatto con MET, spendendo i dati relativi. Deluso di non avere qualche risposta, si è messo in contatto con un procuratore a Manhattan, Matthew Bogdanos, che è esperto in crimini di arte. Secondo i dati, il contenitore fu rimosso da una tomba nel sud d’Italia e finì in possesso di Medici che faceva contrabando di antichità e ne aveva già vendute molte in tanti musei nel mondo.
Secondo il dottore Tsiroyiannis: “questo caso mette in luce l’ipocrisia continua dei musei che rifiutano di collaborare con ricercatori accademici, e continuano implicitamente di occupare antichità illegali fino a quando un ricercatore venga a rivelare l’illegittimità. Allo stesso tempo, mette in evidenza i resultati ottimi che può avere la collaborazione onesta tra un ricercatore accademico e gli enti di uno stato che veramente s’interessa alla lotta efficace contro la criminalità del traffico di antichità al livello internazionale senza rimanere a dichiarazioni vuoti di contenuto e di largo consumo”.
Ch.P.
Una versione di questo articolo è stato pubblicato su New York Times e la rivista Lifo
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