Cinque mila anni fa, la zona di Vathi, sull’isola di Astipalea era il luogo che ospitava cimiteri per bambini risalenti all’epoca neolitica della fase finale (fine del 4o e inizio del 3o millennio a.C.). Oggi, nello stesso luogo sono effettuati scavi dall’Università di Ioannina e la Società Archeologica ad Atene.
Le scoperte archeologiche rivelano la il trattamento estremamente attento per i bambini morti
dalla maniera in cui la loro famiglia mise in ordine oggetti all’esterno del recipiente del loro corpo fino ai contenitori stessi dentro i quali furono mesi i bambini morti e le costruzioni a forma della lettera ‘pi’ greca che portavano i vasi funerari.
La sepoltura in un vaso ceramico era il modo più abituale di sepoltura per bambini nell’antichità che probabilmente simboleggia il grembo della loro madre. Il sepoltura del bambino era di solito effettuata da un buco aperto nel ventre del vaso che veniva poi coperto con lo stesso frammento con cui era stato tagliato all’inizio o con una pietra.
Gli scienziati ipotizzano che nella zona esisteva un santuario dell’era geometrica dove si recavano i fedeli per appoggiare il loro bambino morto oppure i feti provenienti da aborti. Poi, però, il santuario originale nel corso degli anni è diventato un santuario panellenico dove i fedeli andavano per consegnare il loro bambino perduto, come offerta e tributo.
Le loro famiglie adornarono le tombe con oggetti che denotarono credenze specifiche. Le conchiglie trovate per esempio poterono indicare il viaggio dei neonati via il mare. I vari strumenti suggerirebbero la professione e lo status futuro di questo membro della società che fu sfortunato.
Un’altra spiegazione può essere che la comunità stima questi strumenti molto e perciò li condivide con i suoi morti. Il deposito infantile fa parte di una cerimonia complessa. Le 8-9 reliquie che sono scoperte nella costa nordica di Astipalea sono state esaminate attentamente in laboratorio nel 2014.
“Poco tempo fa abbiamo scoperto l’identità degli alberi e gli arbusti, i cui resti brucciati sono stati trovati nella sepoltura, nonché l’identità dei semi e dei frutti. Proviamo di ricostruire il processo di trattamento” ha spiegato il dottore di archeologia Andreas Vlachopoulos.
Le ricerche bio-archeologiche a Vathi, condotte dal dottore di antropologia Simon Hillson (Univseristy College, London) e un grande gruppo di ricercatori dal Cyprus Institute, da Malcolm Wiener Laboratory e d’altri enti, porteranno alla luce nuove informazioni. Tutti i reperti documentano usi e costumi sconosciuti fin’oggi per quanto riguarda queste prime comunità insulari del mar Egeo.
I primi quindici giorni di luglio comincia lo studio scientifico del tutto quello che è stato trovato nella Chora di Astipalea da un gruppo di 15 membri che si ocuperà di tutti i reperti per compilare il primo volume della pubblicazione.
A settembre avrà luogo uno scavo allo scopo di indagare se questi cortili particolari continuano sulla costa nord dell’isola.
Con la collaborazione dell’Istituto di Oceanografia dell’Università di Patrasso gli scienziati proveranno di capire la forma del golfo e della penisola di Vathi nel 4o-3o millenio a.C. e scoprire anche la distanza in cui si trovavano le tombe della costa iniziale.
L’Acropoli preistorica faceva da guardiano della baia di Vathi e garantiva un ancoraggio sicuro alle navi in transito. Impressionante è la rappresentazione pittorica di una nave con molti remi che si trova sulla roccia. Altrettanto importante è la scultura a forma di violino risalente alla transizione dall’epoca neolitica finale all’epoca iniziale di bronzo, un tipo di scultura trovato anche nell’Asia Minore del sud ovest e nella regione di Saliago ad Antiparos.
Ch.P.
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