Essendo uno dei mezzi attraverso i quali si è manifestata la continuità storica e l’autocoscienza nazionale dell’isola, la creazione letteraria ha radici profonde nel territorio cipriota. Per convenzione, la data di nascita della poesia e della letteratura cipriota moderna si fa risalire al 1878, anno in cui Cipro passò sotto il dominio britannico. Questo primo periodo letterario dell’isola, che va all’incirca dal 1878 al 1920, fu fortemente influenzato dalle suggestioni romantiche della Prima Scuola Ateniese. Considerato il poeta nazionale di Cipro, Vassilis Michaelides rappresenta la figura più importante di quest’epoca ed ebbe un ruolo decisivo nell’introdurre e consolidare l’uso del dialetto cipriota quale lingua poetica, rivelandone così il potenziale illimitato.  

Nato a Lefkoniko, un villaggio nel distretto di Famagosta, tra il 1849 e il 1853, Vassilis Michaelides si reca nel 1862 a Nicosia dove frequenta la scuola secondaria. Affidato dal padre allo zio Ghiannis Oikonomidis, futuro metropolita di Kitio, Michaelides riceve la sua prima formazione artistica come pittore di icone religiose prima nell’arcivescovado di Nicosia e poi nella diocesi di Larnaca, dove, affidato allo zio (futuro metropolita). Nel 1873 pubblica le sue prime poesie “Usura” [Η Τοκογλυφία] e “Usignoli e civette” [Αηδόνια και Κουκουβάγιες]. Con l’intento di proseguire i suoi studi, Michaelides giunge nel 1875 a Napoli. Dopo un infruttuoso soggiorno, però, lascia la città partenopea e l’Italia alla volta di Grecia, dove si arruola come volontario nell’esercito greco e combatte per la liberazione della Tessaglia. Con la fine del dominio ottomano di Cipro nel 1878, torna a Limassol e inizia la sua collaborazione con il giornale locale “Alithia”.

Michaelides esordisce nell’editoria con una raccolta di poesie intitolata “La Lira debole” [Η Ασθενής Λύρα] e pubblicata nel 1882. A questa prima raccolta segue nel 1883, “La Fata” [H Ανεράδα]. Scritta in versi che scorrono come armoniosa melodia, nel dialetto di Mesaoria, e in una lingua naturale, sobria e priva di ornamenti superflui, la Fata segna uno spartiacque decisivo nella storia dell’intera poesia cipriota.

A questa seguirono più tardi “Il 9 luglio 1821” [Η 9η Ιουλίου 1821], la sua opera più famosa, una poesia scritta in dialetto cipriota che fornisce una descrizione dettagliata degli eventi che portarono all’esecuzione dei capi della rivoluzione greco-cipriota da parte dei governatori ottomani dell’epoca, e “La donna di Chios” [Η Χιώτισσα]. Nel 1888, Michaelides diede avvio alla rivista satirica “Diavolos” e nel 1911 pubblicò il volume “Poesie” [Ποιήματα]. Finito ad un ospizio per poveri già dal 1915, dove scrisse “Il sogno del Greco” [Το όραμαν του Ρωμιού], Vassilios MIchaelides morì due anni più tardi senza un soldo e alcolizzato il 18 dicembre 1917.

In un suo commento sulla poesia di Michaelides, l’ellenista francese  Phileas Lebesgue ha scritto che Michaelides “è riuscito con grande delicatezza ad interpretare il sentimento cipriota e a  combinare i suoi sogni con la passione della sua poesia”. Nelle parole di Yiorgos Moleskis, dopo aver coltivato a lungo la koiné neogreca, sia la katharevousa che il demotico, Michaelides “andò a scrivere in dialetto cipriota quelle poesie che lo avrebbero elevato al rango di poeta importante, anzi di poeta nazionale di Cipro”. 

 

Testo originale: “Vasilis Michaelides: A Tribute to the National Poet of Cyprus” su Greek News Agenda

s.d.

 

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