Nell’ambito della poesia neogreca del Novecento, il nome di Ghiorgos Seferis, accanto a quelli di Ghiannis Ritsos e Odisseas Elitis, occupa senza dubbio una posizione di massimo rilievo. Esponente di spicco della cosiddetta “Generazione degli anni ‘30” e primo premio Nobel greco nel 1963, Seferis ebbe un ruolo fondamentale nel corso della letteratura greca contemporanea. Il 2020 segna il 120° anniversario della sua nascita.
L’infanzia del poeta
Ghiorgos Seferis, pseudonimo di Ghiorgos Seferiadis, nasce alla svolta del XX secolo, il 13 marzo 1900 (29 febbraio, secondo il calendario giuliano) a Vourlà, cittadina portuale dell’Asia minore nei pressi di Smirne (l’odierna Izmir, in Turchia). Suo padre è Stelios Seferiadis, eminente avvocato, poeta occasionale, traduttore e più tardi professore di Diritto Internazionale presso l’Università di Atene, e sua madre Despo Seferiadi (nata Tenekidi). Oltre al primogenito Ghiorgos, i coniugi Seferiadis avranno ancora due figli: Ioànna (1902), futura moglie di Konstantinos Tsatsos, e il figlio minore Anghelos (1905), scomparso prematuramente nel 1950 in California.
L’infanzia del poeta è trascorsa tra la casa in città della famiglia a Smirne, che per il piccolo Seferis rappresenta “un mondo incomprensibile, estraneo e odiato” e quella di campagna vicino allo Scalo (Σκάλα) di Vourlà, “l’unico luogo che ancor oggi posso chiamare patria nel senso più radicale della parola”.
Seferis (al centro) durante le sue estati allo Scalo di Vourlà. Fonte: Archives ERT
Con lo scoppio della prima guerra mondiale, suo padre prende la decisione di lasciare Smirne e nel 1914 la famiglia Seferiadis si trasferisce nella capitale greca. Ad Atene Seferis prosegue i suoi studi frequentando il liceo e consegue la maturità nel 1918.
Studi a Parigi (1918-1924)
Subito dopo, si reca a Parigi dove rimane fino al 1924 studiando legge e, a detta sua, “tanta letteratura”. Parigi costituirà, infatti, una tappa fondamentale nella sua formazione culturale. Nella capitale francese, il giovane poeta alla ricerca di una propria voce lirica, entrerà in contatto con la letteratura francese contemporanea e resterà particolarmente influenzato dal simbolismo di Paul Valéry e Jules Laforgue. Sulla loro scia, scriverà poesie in greco e francese, pubblicando alcune sulla rivista studentesca Vomòs sotto lo pseudonimo di Giorgos Scaliòtis, un’ovvio richiamo alla sua amata e perduta terra natale. Sarà a Parigi che lo giungeranno anche le notizie della Catastrofe dell’Asia Minore nel 1922, evento che inciderà profondamente sul suo animo.
Seferis all’età di 2 anni e ventunenne. Fonti: Anemourion e Wikimedia Commons.
La carriera diplomatica (1926-1962)
Nel 1925, dopo la laurea in Giurisprudenza e un breve soggiorno a Londra, Seferis fa ritorno in patria. Risalgono a questo periodo I suoi primi appunti diaristici, una consuetudine che il poeta avrebbe conservato per tutta la vita. Pubblicati postumi in nove volumi con il titolo «Μέρες» (“Giorni”), i diari di Seferis costituiscono una preziosa testimonianza sulla storia politica e culturale del Novecento greco e ci offrono uno squarcio sulla vita, sul pensiero e sull’universo creativo del poeta.
Nello stesso anno inizia a scrivere anche il suo unico romanzo, che intitolato “Sei notti sull’Acropoli” (“Έξι νύχτες στην Ακρόπολη”, 1974) è destinato anch’esso a uscire dopo la sua morte. Nel 1926, rimane orfano di madre. Verso la fine dello stesso anno supera il concorso del Ministero degli Affari esteri e intraprende la carriera diplomatica, che negli anni a venire lo porterà in diversi paesi del mondo. Costringendolo a uno stile di vita quasi nomadico, le peregrinazioni impostegli dal mestiere accentuarono nella sua coscienza il sentimento dell’esule e dell’apolide già sperimentato con il precoce abbandono della casa natale nel 1914 ma anche in seguito al Trattato di Losanna (1923) che comportò la fine della presenza greca in Asia Minore, terra d’origine del poeta.
Nel 1931, per la prima volta sotto lo pseudonimo di “Seferis”, dà alle stampe, in 200 esemplari, la sua prima raccolta di poesie, “Στροφή” (ossia “Strofa”, ma anche “Svolta”, 1931). Questa silloge, che contiene al suo interno anche la poesia “Άρνηση” (Rifiuto), resa famosa in seguito grazie alla trasposizione musicale di Mikis Theodorakis, costituì il preludio delle correnti di avanguardia che nel corso degli anni ’30 avrebbero percorso il campo letterario greco. Rifacendosi in modo originale ai modelli tardosimbolisti, ma senza accantonare del tutto le forme metriche canoniche, Seferis apporta in essa numerose innovazioni sia per quanto riguarda i contenuti, che per alcune sperimentazioni a livello ritmico e metrico.
Vista con la prospettiva dei posteri, “Στροφή” rappresenta infatti una tappa fondamentale, una svolta appunto, nella storia della poesia greca. Ma non fu così al tempo della sua pubblicazione. Talvolta definite “oscure e difficili”, le poesie di “Στροφή” furono accolte con perplessità e scetticismo da gran parte della critica contemporanea, anche se non mancarono quelli che seppero cogliere e interpretare le novità arrecate da esse. Un anno dopo, proseguendo sulla strada imboccata con la prima raccolta, pubblica “La cisterna” (Η Στέρνα, 1932), lungo componimento poetico scritto nel verso principe della metrica italiana, l’endecasillabo, qui con accento ritmico libero. Altrettanto complessa e ambigua quanto le prime poesie, “La cisterna” si segnala innanzitutto per la sua musicalità evocativa e la sua cupezza malinconica. “La cisterna” avrebbe detto in proposito Seferis al critico letterario A. Karantonis “è qui il simbolo architettonico della morte”.
Dal 1931, il poeta si trova a Londra a prestare servizio presso il Consolato di Grecia. Nella capitale britannica, dove resterà fino al 1934, entra in contatto con la poesia e la poetica di T.S. Eliot, di cui tradurrà in greco “La terra desolata” (1936), e ne rimane fortemente influenzato. Ormai padrone dei modi tradizionali dell’espressione poetica e avendo assimilato in modo originale le lezioni della poesia eliotiana e del modernismo anglosassone, Seferis è adesso pronto a cimentarsi nel verso libero. Quindi nel 1935, pubblica il suo Μυϑιστόρημα (“Romanzo”, 1935) che segna uno spartiacque decisivo sia nella produzione lirica seferiana che in quella greca nel suo insieme. Del resto, il 1935 rappresenta un “annus mirabilis” per il filone modernista della poesia greca e per la costituzione della cosiddetta “Generazione degli anni ‘30” e vede accanto alla pubblicazione della rivista «Νέα Γράμματα» (Nuove Lettere), di cui Seferis è uno dei fondatori, i primi tentativi in verso libero di Ghiannis Ritsos e Nikiforos Vrettakos ma anche l’uscita delle sessantatré prose poetiche che compongono la raccolta Ὑψικάμινος, (Fornace-Altoforno) di Andreas Embirikos, considerate come la prima manifestazione del Surrealismo in Grecia. Μυϑιστόρημα è un poema in verso libero composto da 24 parti, quanti i Canti dei poemi omerici. Questo rinvio alla tradizione antica è tutt’altro che accidentale, e i miti classici sono i veri protagonisti di questo breve epos. Forse sulla scia della poetica eliotiana, Seferis assegna una funzione metatemporale a essi e il suo “Romanzo” appare come un viaggio al passato nel tentativo di conciliare il ricco e plurisecolare patrimonio storico e culturale con il mondo contemporaneo. “I numerosi riferimenti al viaggio, e in particolare al mare,” scrive a proposito lo studioso della letteratura neogreca e biografo di Seferis, Roderick Beaton, “danno al lettore l’impressione che quello che sta leggendo è l’‘Odissea’ della Grecia contemporanea”[Beaton 1996, 211]. D’allora in poi, la presenza dell’elemento storico, come spunto per indagare l’avventura e l’esistenza umane, affiancata da una riflessione poetica sulla grecità, considerata nel suo percorso diacronico, e da un frequente ricorso ai miti e i simboli della tradizione letteraria e popolare diventeranno le costanti della poesia seferiana. Questo passaggio dalla memoria individuale a quella collettiva, peraltro tipico del modernismo europeo, viene inoltre accompagnato da un linguaggio semplice e scabro che assume una voce dimessa. “Voglio solo parlare semplicemente: chiedo questa grazia.” scriverà più tardi in una sua poesia (“Un vecchio sulla riva del fiume”, Giornale di bordo II, 1944)*. Conclusa l’esperienza della poesia pura di Valerý, Seferis passa ora ai toni aspri e non lirici del modernismo eliotiano. Verso la fine dello stesso anno, scrive anche le due poesie “toponimiche” (“I. Santorino”, “II. Micene”) che verranno raggruppate sotto il titolo di “Gimnopedia” (1935).
Ghiorgos Seferis e Marò Zannou, Poros, 1939. Fonte: rivista Η Λέξη 53 / 1986
L’anno seguente conosce Marika (Marò) Zannou (1898-2000), al tempo moglie di A. Londos, e i due iniziano una relazione destinata a durare per tutta la vita. Nell’autunno del 1936 viene inviato dal Ministero in Albania, dove svolge per un anno le funzioni di Console di Grecia a Coriza. Durante questo soggiorno, il poeta si dedica allo studio dell’opera kavafiana. Questo sforzo di afferrare nei suoi punti essenziali il “grande Alessandrino”, quella figura, a suo dire, “romanzesca, mitica e alchimistica” della letteratura greca, e di fare propria la sua poesia diventerà un impegno a vita per Seferis, da cui verrà fuori una serie di influenti saggi su Kavafis. Molto più tardi, Stratis Tsirkas dedicherà una delle sue monografie kavafiane proprio a Seferis per il fatto che “ci ha insegnato a leggere Kavafis in modo più corretto”. Sempre a Coriza, scrive anche alcune poesie che confluiranno più tardi nella raccolta Τετράδιο Γυμνασμάτων (Quaderno degli esercizi, 1940). In essa fanno la loro comparsa per la prima volta anche due personaggi fittizi -alter ego dell’io lirico- che appariranno a più riprese nella sua opera: Stratis Thalassinos (ossia Stratis il Marinaio) e Mathiòs Pascalis (ellenizzazione del nome dell’anti-eroe pirandelliano, Mattia Pascal). La raccolta, in cui Seferis porta avanti le sperimentazioni coltivate nelle raccolte precedenti, si segnala soprattutto per la sua varietà metrica e morfologica, accanto alla quale però si nota questa volta anche un tono satirico e (auto-)ironico, finora inedito o marginale nella poesia seferiana.
Nei primi mesi del 1940, presagendo con angoscia l’avvicinarsi del conflitto, Seferis si affretta a pubblicare la sua nuova raccolta intitolata Ημερολόγιο Καταστρώματος (Giornale di Bordo), il primo dei tre “Giornali” che il poeta darà alle stampe lungo la sua carriera. Scritte durante gli anni della dittatura di Metaxas, e tinte di pessimismo, le 17 poesie che fanno parte della raccolta proseguono sulle orme tracciate da Μυθιστόρημα (Romanzo, 1935), e non mancano di implicite allusioni alla privazione delle libertà sotto il regime di Metaxas e alla minaccia della guerra incombente.
Poco dopo l’invasione della Grecia da parte della Germania nazista (6 aprile 1941), Seferis si sposa con Marò e la coppia parte subito al seguito del governo greco in esilio. Inizia così un lungo periodo di continui spostamenti che li porteranno negli anni a venire da Creta, Alessandria e Cairo, fino in Sudafrica e a Gerusalemme, e poi, infine, ad una piccola città del Salernitano dal nome Cava de’ Tirreni, dove il poeta scriverà la poesia finale del suo secondo “Giornale di Bordo” (Ημερολόγιο Καταστρώματος Β΄, 1944), intitolata appunto “Ultima tappa”. Scritte tutte nel corso del conflitto mondiale, le 13 poesie che compongono la raccolta sono fortemente condizionate dalle circostanze di vita del poeta, dal clima pesante della guerra e dalla continua peregrinazione tra paesaggi bellici, sentita dal poeta come esilio e allontanamento forzato dalle radici, e lasciano trasparire un Seferis avvilito e sconcertato. A parte questa raccolta, il poeta pubblicherà nel 1944 anche un volume di “Saggi” (Δοκιμές, 1944), successivamente ristampato e ampliato, nel quale affronta in maniera lucida una varietà di argomenti, tra cui spiccano per la loro incidenza i testi che riguardano la lingua e la cultura demotica.
La fine del 1944 segnerà il ritorno agognato di Seferis in Grecia. Tuttavia le speranze di un’imminente fine del conflitto e delle sue atrocità sono svanite dai fatti drammatici del dicembre 1944 ad Atene (Dekemvrianà in greco), i quali preannunciano la guerra fratricida che di lì a poco sarebbe scoppiata in Grecia. Queste sensazioni contraddittorie provate al rientro in patria costituiscono la materia prima del poemetto Κίχλη (Il tordo) edito nel 1947. Alla sua stesura, il poeta si dedica nell’ottobre del 1946, durante una pausa di due mesi lontano dai suoi impegni lavorativi come capo di gabinetto dell’arcivescovo e all’epoca reggente di Grecia, Damaskinos (un incarico assunto da Seferis nel 1945). Sull’isola di Poros – il titolo del poema, peraltro, si riferisce oltre che all’uccello, anche al nome di una nave affondata dai nazisti nel porto di Poros – egli scrive, nell’ombra della guerra civile, uno dei suoi più criptici ed ermetici capolavori. Questo poema tripartito che muovendosi attraverso le tenebre delle due guerre riesce a tener accesa la fiammella della speranza, rappresenta un punto di svolta nell’opera di Seferis, poiché costituisce la prima apparizione di una vena mistica nella sua lirica, nonché la prima e perentoria dichiarazione che identifichi l’amore, in tutte le sue accezioni, come il vero e ultimo fine di tutta la ricerca poetica di Seferis nel decennio precedente. Nello stesso anno gli viene assegnato anche il premio Palamas, il primo riconoscimento ufficiale del suo lavoro.
Nel 1948, viene trasferito con le funzioni di Consigliere all’Ambasciata di Grecia ad Ankara (Turchia). Dopo un breve soggiorno a Londra, nel 1952 viene infine inviato a prestare servizio presso l’Ambasciata di Grecia a Beirut (Libano), dove rimane fino al 1956. Di lì ha occasione per tre estati consecutive (1953-1955) di visitare Cipro. Il suo terzo “Giornale di Bordo” (Ημερολόγιο καταστρώματος, Γ΄, 1955) trae la sua origine e ispirazione proprio da questa esperienza cipriota e segna l’inizio di un rapporto speciale e inscindibile del poeta con l’isola e i suoi abitanti. La magia della natura e del paesaggio cipriota posta in perfetta antitesi al drammatico e tragico percorso storico dell’isola è il vero protagonista di questa raccolta, nella quale si ravvisano anche suggestioni kavafiane.
Di Cipro, però, il poeta si occuperà anche in veste di diplomatico. Durante il suo ultimo incarico all’estero, come Ambasciatore di Grecia a Londra (1957-1962), Seferis partecipa alle trattative che alla fine porteranno all’indipendenza della Repubblica di Cipro.
Il Nobel e gli ultimi anni della vita (1963-1971)
Dopo una lunga carriera di circa 40 anni, lascia il servizio diplomatico nel 1962. Ormai poeta affermato in Grecia e sempre di più conosciuto e apprezzato all’estero, dove, a partire dagli anni ‘50, la sua opera viene tradotta in varie lingue, Seferis riceve nell’ottobre 1963 il premio Nobel per la Letteratura “per la sua scrittura essenzialmente lirica, ispirata a un profondo senso del mondo greco e della sua cultura”**.
Negli anni seguenti conduce una vita tranquilla, curando e ordinando la sua opera poetica lontano dai riflettori della vita sociale. In questo periodo scrive le poesie che finiranno per far parte della sua ultima raccolta intitolata “Τρία κρυφά ποιήματα” (Tre poesie segrete, 1966). In essa Seferis fa una ricapitolazione della propria vita e una rielaborazione degli argomenti e dei motivi della sua poesia. Intrecciati con riferimenti danteschi e eliotiani, nelle poesie della raccolta si mettono a confronto e coesistono la filosofia eraclitea, il cristianesimo, il dramma antico e rinascimentale e la tradizione popolare. Questo dialogo con la storia, la tradizione e i miti antichi fa, però, qui un passo di lato e lascia il posto ad un’ansia esistenziale e metafisica, mentre alla chiarezza espressiva precedente subentra ora una cripticità già annunciata nel titolo.
Cerimonia di consegna del Premio Nobel, Stoccolma, 1963. Fonte: Greek Language
Nel 1967 avviene in Grecia il colpo di stato che porta al potere il regime dei colonnelli (1967-1974) presto trascinando il Paese in un vortice di terrore, violenza e illiberalità. In questo contesto, Seferis, inizialmente esitante, decide infine di rompere il suo silenzio. Nel suo celebre a appassionato discorso, rilasciato alla radio della BBC il 28 marzo 1969, egli dichiara riferendosi alla giunta che “questa anomalia deve finire”. A questa netta presa di posizione la dittatura reagisce spogliando Seferis del suo titolo di Ambasciatore onorario e sottraendogli il diritto di usare il suo passaporto diplomatico.
Seferis muore per complicazioni postoperatorie due anni dopo, il 20 settembre 1971. I suoi funerali avvenuti il 22 settembre 1971 si trasformarono in un’improvvisa manifestazione contro il regime, quando la folla che aveva riempito strade e marciapiedi circostanti prese a cantare il suo “Rifiuto” nella trasposizione musicale di Thodorakis.
Il giorno dopo apparse sul quotidiano “To Vima” anche la sua ultima poesia “Επί ασπαλάθων” (Sugli aspalti, 1971), dove il poeta, con chiarissime allusioni critiche nei confronti della giunta, profetizzava per tutti i tiranni una fine simile a quella del mitico tiranno Ardieo, condannato ad essere scorticato e trascinato sugli aspalti (o aspàlati, specie di arbusti spinosi) al Tartaro.
I funerali di Seferis il 22 settembre 1971. Fonte: Greek Language
La poesia di Seferis, una meditazione sul senso storico e culturale della grecità e una testimonianza originale del malessere dell’uomo moderno, avrà un’influenza enorme sulle generazioni di poeti successive, a tal punto che, secondo Beaton, “l’impronta seferiana si riconosce in tutta la produzione poetica greca dopo il 1944”.
Immagine in copertina: A Gerasa (Giordania), ottobre 1953. Foto: © Anna Londou Archivio Fotografico di Ghiorgos Seferis, Fondazione Culturale della Banca Nazionale di Grecia (© Άννα Λόντου, Φωτογραφικό Αρχείο Γιώργου Σεφέρη/ Μορφωτικό Ίδρυμα Εθνικής Τραπέζης)
Fonti:
s.d.