
A un paese vicino a Komotini, ed anche in molte altre parti della Grecia, si mette dentro il pane una moneta. Il capofamiglia dà il benvenuto a Jesù e taglia il pane -che simboleggia lo spirito buono- con le mani. Non usa il coltello perché il ferro del coltello è il simbolo del potere del male.
Chi trova la moneta cerca di mantenere tutta la notte il fuoco nel camino perché in questo fuoco si scalderà il neonato Cristo che viene, come crede il popolo, in tutte le case per condividere con la gente il loro pane e il loro cibo. La preparazione e la forma delle pietanze, cosi come altre abitudini, si riferiscono alla storia della nascita del Jesù. Ecco perché si cucinano molti piatti farciti e degli involtini, perché simboleggiano le fascie del Jesù, i tessuti con cui il piccolo Cristo era avvolto. Il dolce di Natale, che si chiama saraglì, è fatto con delle sottilisssime foglie ripiene di noci, uvetta e zucchero. Questo dolce in una regione di Epiro si chiama «spargana tou Christou» (fascie del Cristo).


Chi voleva poteva cucinare i due tipi di carne perchè il tavolo di Natale doveva essere riccho ed abbondante. Si dice che la varietà dei piati simboleggia i tanti luoghi che ha trascorso la Vergine con Cristo, inseguiti da Erode. Nella vigilia non si sbarrazza il tavolo perchè, come abbiamo già detto, Jesù venga à cenare. Il giorno dopo, gli avanzi non si conservano a casa e non si buttano. Si danno ai poveri perchè la famiglia deve pensare non solamente a se stessa ma anche agli altri.