Dimitris Christopoulos, Professore Associato di Teoria Statale e Legale presso l’Università Panteion di Atene, è il Presidente della Federazione Internazionale dei Diritti Umani (FIDH). Christopoulos ha presieduto il consiglio della Lega ellenica per i diritti umani dal 2003 al 2011 ed è stato Vice Presidente della Lega dal 2011 al 2013.
Fondata nel 1922, la FIDH è una ONG internazionale per i diritti umani che federa 184 organizzazioni provenienti da 112 paesi. Il suo scopo è quello di difendere tutti i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali così come sono riconosciutinella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Nel suo primo discorso come presidente della FIDH, Christopoulos ha sottolineato: “La questione in gioco è il nucleo della politica: la lotta contro la disuguaglianza, la lotta per alterare la struttura del potere a favore dei più deboli, a favore dello Stato di diritto, a favore della nostra visione per un mondo giusto”.
Nell’intervista recentemente accordata al nostro bollettino d’informazione anglofono Greek News Agenda, il Professore Dimitris Christopoulos ha parlato della nascita di uno stile di governance “post-fascista’’, dell’importanza di una riconfigurazione totale delle strutture politiche dell’UE, dell’effetto negativo della crisi economica e della crisi dei rifugiati sui diritti politici e umani in Grecia e in Europa e della necessità di persistere sul progetto di trasferimento e di reinsediamento dei rifugiati all’interno dell’UE, invece della creazione di zone tampone nella periferia. Infine, Christopoulos ha sottolienato che rimanere vigili e combattere per i diritti umani, soprattutto in un momento in cui il cinismo è travestito come realismo e i diritti umani sono considerati come un lusso.
Oggi ve ne presentiamo un estratto*.
Come presidente della FIDH lei ha una visione globale dello stato dei diritti umani. Cosa ne pensi dei problemi più importanti che oggi affronta il mondo?
Questa è una questione che dovrei essere abituato a rispondere, ma ancora, ogni volta che la affronto, non ho una risposta facile. Quello che vorrei dire è che, insieme all’autoritarismo di vecchio stile, che rende insopportabile la vita dei difensori dei diritti umani, nei nostri giorni stiamo assistendo alla nascita di un «nuovo» stile di governo che potrei chiamare “post-fascista”: non è il fascismo tradizionale, tuttavia condivide la premessa fondamentale dell’ideologia di estrema destra, che è un vero e proprio disprezzo della dignità umana universale. Questo è ciò che unisce regimi politici completamente differenti o addirittura avversari.
 
Allora crede che questa non è una tendenza particolare ma universale?
Sostengo che se consideriamo questa deriva come qualcosa di rilevante solo per il sottosviluppo e il ritardo in un classico approccio stereotipato e orientalista, le cose potrebbero peggiorare. Una delle ricette storiche per il successo di tali ideologie è che si pensa che “Qui non è possibile”. E quando succede, è già troppo tardi. Il danno è fatto e abbiamo bisogno di un triplo lavoro per raccogliere i pezzi. Vedi cosa succede in Turchia: stiamo parlando di eventi duraturi che determinano la natura del regime, non di cambiamenti congiunturali.
 
Sì, ma si potrebbe sostenere che la Turchia non è mai stata una democrazia qualitativa…
Infatti, ma cosa si direbbe di Austria dove il candidato di estrema destra ha ottenuto il 49% dei voti? Che ne dite degli Stati Uniti d’America di Trump o della Russia di Putin? E la Polonia? Naturalmente, siamo tutti sollevati dal risultato delle elezioni olandesi e francesi, ma se il messaggio che otteniamo è che “nessuna preoccupazione, le cose stanno andando bene” ho paura che la nostra compiacenza non è lontano dalla stupidità.
Vorrei essere più ottimista, ma quello che vedo è, da un lato, il panico –dopo la Brexit per esempio- e, dall’altro, un entusiasmo ingenuo, come dopo la sconfitta di Le Pen in Francia. Se vogliamo davvero andare avanti, abbiamo bisogno di consigli migliori che di panico e di entusiasmo. Abbiamo davvero bisogno di vedere cosa fa rivolgere le persone a queste soluzioni post-fascista. Abbiamo veramente bisogno di una riconfigurazione totale delle strutture politiche nell’UE, ad esempio, e non semplicemente riformarli. Oggi, il termine “riforma” è stato così ampiamente cannibalizzato che è veramente meglio dimenticarlo.
 
Veniamo alla Grecia, che è in realtà sotto severe riforme. In Grecia, la crisi economica ha avuto un impatto negativo sui diritti umani?
Non è una novità che la crisi abbia contribuito a ridurre gli standard dei diritti umani in Grecia. La FIDH lo ha già documentato in un rapporto realizzato congiuntamente con la Lega ellenica per i diritti umani nel 2014. Se potessi riassumere, direi che non si può aspettare di degradare i diritti sociali senzainfluenzare i diritti politici e poi, finalmente, violando i diritti individuali. Questo è successo in Grecia. Tagli all’istruzione e alla sanità, ad esempio, conducono alla riduzione del ruolo del Parlamento nel processo decisionale: leggi che passano con decreti presidenziali e con proceduri di emergenza hanno trivializzato il ruolo legislativo a favore de l’esecutivo e delle istituzioni dei creditori della Grecia.
 
Dopo un anno come presidente della FIDH, crede che i diritti umani in generale siano in ritirata in tutto il mondo? Cosa percepisce come la più grande minaccia contro i diritti umani oggi?
La narrazione di una volta era del tipo: le cose andranno meglio. Secondo questa narrazione, il mondo sarebbe sempre andato avanti nella giusta direzione. Come uno scenario classico del Hollywod: un po’ di suspense, ma alla fine, il buono vince. Questa è l’essenza del determinismo liberale o comunista. La Storia non ha niente di simile a un film a lieto fine. La Storia è per definizione piena di questioni aperte che potrebbero rivolgersi agli incubi. In particolare, nei periodi fluidi di transizione come quello in cui viviamo.
Alcuni sostengono che possiamo imparare dalla Storia, ma temo che non sia così semplice. Se potessimo imparare dalla Storia, avremmo già imparato, ma questo non è il caso. La più grande minaccia contro i diritti umani oggi è l’idea che i diritti non importano più, che ciò che importa è una governance efficace che fornisce sicurezza. Questo è ciò che unisce Trump con Putin, ad esempio. Questa percezione considera i diritti come un lusso irragionevole. I defensori dei diritti umani sono trattati come nemici interni o, al meglio, come Don Quixote. La più grande minaccia e la sfida per il movimento globale dei diritti umani è questo cinismo travestito dal “realismo”. Combatte per i diritti umani, come diciamo nella FIDH, significa decostruire questa narrazione. Non siamo né Don Quixote né vittime. I difensori dei diritti umani sono i protagonisti della storia.
 
*Questo è solamente un estratto; l’intervista completa in inglese (curata e pubblicata da Ioulia Livaditi) sul bollettino Greek News Agenda- Rethinking Greece con il titolo “Dimitris Christopoulos on human rights as a political struggle for emancipation and peace” (19 Settembre 2017).
 
Traduzione dall’inglese all’italiano: M.O.
Cura editoriale: A.K.