Il nostro ospite di oggi è l’attuale direttore delle Relazioni Istituzionali e dei Rapporti con i membri dell’EBU (l’Unione Europea di Radiotelevisione). Contando già con un’esperienza di oltre trentanni nel mondo dei Media, Giacomo Mazzone è un esperto in news internazionali con un lungo camino professionale e importanti incarichi nel mondo della tv satellitare. Infatti, è stato caporedattore della lingua italiana e membro del team fondatore di Euronews a Lione con Massimo Fichera (1992-1997), membro del Consiglio d’amministrazione di Eurosport, poi vicedirettore in RAI e membro dell’equipe di fondazione di Rainews 24.
Attualmente continua la sua carriera a Ginevra ed all’EBU, (più nota col nome di “Eurovisione”), ricoprendo l’incarico di responsabile delle relazioni istituzionali (rapporti col sistema delle Nazioni Unite, Consiglio d’Europa, WTO, ecc.) oltre che di responsabile dei rapporti con le tv e le radio pubbliche del Mediterraneo.
Negli ultimi quindici anni ha seguito (e contribuito) in particolare l’evoluzione del dibattito mondiale sulla governance di Internet per conto della WBU (World Broadcasting Union).
E’ autore di numerose pubblicazioni (ultima delle quali un rapporto sul rinnovo della Royal Charter della BBC), nonché membro fondatore del festival internazionale di cinema e televisione Eurovisioni, che ha festeggiato nel 2016 la sua trentesima edizione.
 
Nell’intervista* che segue Giacomo Mazzone ci parla, tra l’altro, delle relazioni tra l’EBU e l’ERT (la Radiotelevisione Pubblica greca), del ruolo dei Media nella nuova era digitale e delle priorità dell’EBU di fronte alle sfide attuali e future, nonchè della “neutralità della rete” nel mondo di Internet.
 
Quali sono le relazioni tra l’EBU e l’ERT recentemente?
Le relazioni fra l’EBU (in italiano il nome della nostra associazione è Unione Europea di Radiotelevisione) e l’ERT sono tornate ad essere eccellenti, dopo una serie di problemi provocati dalla inopinata chiusura della tv pubblica greca da parte del governo Samaras nel 2013.
La riapertura della radio tv pubblica imposta dalla Corte Suprema e la successiva creazione di NERIT non sono riuscite mai a colmare il distacco che si era creato fra Atene e Ginevra, anche perché la maggiorparte del vecchio gruppo dirigente dell’ERT (quello che partecipava attivamente ai lavori dell’Unione) non è mai tornata al lavoro ed ha preferito scegliere il pensionamento anticipato.
E’ solo con la riapertura dell’ERT che le cose hanno cominciato a migliorare lentamente e che nuovi rapporti si sono costruiti con le nuove generazioni che nel frattempo sono entrate.
Purtroppo il ricambio continuo dei manager nei posti chiave dell’ERT non ha consentito di ricostruire rapporti solidi come quelli del passato. E’ solo con l’arrivo nello scorso settembre del nuovo Managing Director Vassilis Costopoulos, vecchio all’anagrafe ma giovane per temperamento e volontà, che i rapporti si stanno rimettendo in moto a diversi livelli. Costopoulos conosce bene l’EBU per essere stato nei suoi organi di governance dagli anni Novanta sino alla chiusura del 2013 e quindi sa bene quanto la collaborazione con questo organismo può contribuire al rilancio dell’ERT.
Di fronte alla scarsità di risorse perdurante anche nella nuova ERT ed ai nodi lasciati dagli eventi traumatici del passato, la collaborazione con Ginevra può aiutare il nuovo servizio pubblico greco a sormontare alcuni dei maggiori ostacoli che ha di fronte: dall’acquisto dei grandi diritti sportivi internazionali al completamento della sua strategia digitale. Il know how raccolto a Ginevra prendendo il meglio dalle esperienze più avanzate d’Europa è a disposizione di tutti i suoi membri, in primo luogo di quelli che ne hanno più bisogno come l’ERT.
 
Qual’ è il ruolo dei Media oggi come oggi?
Dopo aver ascoltato negli ultimi anni il mantra ripetuto in tutte le salse che –dopo l’arrivo di Internet- non c’è più bisogno dei media tradizionali per essere informati, le amare esperienze degli ultimi mesi (dal Brexit alle elezioni USA) sono lì a dimostrare che il modello dei social media non è in grado di soddisfare il bisogno di avere un’informazione corretta, di qualità e basata sui fatti. Il vecchio proverbio italiano che dice “A caval donato non si guarda in bocca” in questo caso mostra tutti i suoi limiti.
In primis abbiamo scoperto che il cavallo proprio “donato” non è, anzi lo paghiamo assai caro con la cessione dei nostri dati personali, anche i più intimi e segreti. E poi l’esperienza ci sta mostrando che il cavallo non è nemmeno un cavallo, ma piuttosto un ronzino mascherato da cavallo. Ronzino perché ci fornisce informazioni di parte, ci mostra come condivise (“liked”) notizie false e sospinte ad arte dai cosiddetti “bots” in grado di ingannare gli algoritmi dei social media. Adesso tutti cercano di correre ai ripari e di chiedere nuovi algoritmi in grado di correggere gli errori dei loro predecessori, ma nessuno sembra porsi le vere domande.
Se i giornali non esistono più (e la Grecia lo sa bene, vista la recente moria di titoli prestigiosi) è perché il loro modello economico è stato schiantato dall’online gratuito; se il mestiere di giornalista non attrae più le giovani generazioni, è perché esso si riduce a collaborazioni pagate a pezzo che non consentono di vivere una vita decente ed ancor meno di fare giornalismo d’inchiesta o investigativo.
Se nessuno più cerca le notizie è perché non c’è nessuno disposto a pagarle. Come si informeranno allora i cittadini di domani? Come formeranno la loro opinione e decideranno per chi votare, quale investimento fare, quale carriera scegliere?
 
Come vede il futuro della TV europea nella nuova era dell’ internet e dei social media?
Il modello sociale dell’Europa (e dell’Unione Europea che ne è la forma di più alta rappresentazione) costituisce ancora oggi il miglior modello sociale disponibile nel mondo. L’unico che fino ad oggi (bene o male) è riuscito a garantire e conciliare democrazia, diritti umani e diritti sociali. Questo modello è oggi seriamente messo in discussione dall’economia digitale (in cui l’Europa è ad oggi perdente), ed anche in particolare dal modello di comunicazione imposto dai social media, che riflette una società drammaticamente spaccata in due come è quella USA. Un mondo dove i soldi fanno la differenza: in cui chi è ricco si può permettere un’informazione di qualità (pagando i giornali migliori), una tv di qualità (quella della pay tv o di Netflix), un’educazione di qualità, una sanità di qualità. Mentre per gli altri l’informazione sarà quella dei social media (gratuita è vero ma spesso intossicata e avariata), la tv è quella degli spezzoni di Youtube, l’educazione è quella di una scuola pubblica sempre più povera e dequalificata e la sanità quella di ospedali pubblici sovraffollati e senza mezzi a disposizione. Ed un modello di società fortemente polarizzato di tutti contro tutti, e dove la coesione sociale non esiste più. Non solo: ma non è più nemmeno considerata come un valore.
I cittadini europei –anche quelli massacrati dalla crisi soprattutto nei paesi del sud- alla fine realizzeranno che hanno tutto da perdere dall’abbracciare il nuovo modello e rivaluteranno quanto di buono hanno avuto finora e non hanno saputo apprezzare in pieno. Primo fra tutti il servizio pubblico radiotelevisivo e dei media, che ha per sua missione quella di unire le società, di favorire l’integrazione, di ricucire le fratture sociali anziché divaricarle.
 
Quanto importante è la Network Neutrality?
Nel mondo di Internet la “neutralità della rete” è l’esatta applicazione del modello di integrazione sociale europeo alle reti di telecomunicazione, e cioè un’infrastruttura capace di garantire a tutti l’accesso a servizi e contenuti di qualità ad un costo minimo. Non è un caso che negli USA la “net neutrality” voluta da Obama sia stata una delle prime cose che Trump ha abolito, perché il modello di società che ha Trump in testa è completamente diverso. Una società dove i muri di separazione (non solo quelli fra messicani e statunitensi) esistono dentro la stessa società USA e sono determinati dai soldi. Una società dell’avere e non dell’essere.
Purtroppo la “neutralità della rete” è solo una precondizione, non un fine in sé. Essa serve se su questa rete possono circolare dei contenuti di qualità per tutti e se si trova la soluzione per finanziare gli investimenti in infrastrutture che essa richiede. E’ bello avere connessione gratuita disponibile in larga banda, ma bisogna trovare il modo di finanziarne la creazione, l’implementazione e la manutenzione. In passato in Europa erano le società pubbliche di telecomunicazione a finanziare queste reti, ma oggi che queste società sono state privatizzate, bisogna perciò che l’Europa trovi nuovi modi per finanziare questo processo, altrimenti esso si tradurrà in uno svantaggio competitivo delle TLC europee contro quelle straniere, in particolare USA.
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Quali sono le sfide dell’EBU faccia alla nuova era digitale?
La sfida digitale non è solo una sfida ma va vista anche come una grande opportunità. Se non la si vede sotto quest’ottica, si è destinati a combattere una battaglia di retroguardia per un mondo che non ritornerà mai più. La sfida/opportunità per i media tradizionali è la stessa che Huber pone ai tassisti di tutto il mondo.
Il “nuovo mondo” digitale può essere un luogo dove cooperative di tassisti possono fornire servizi di qualità ad altissima interazione ai loro clienti, oppure un posto dove una multinazionale che non ha nessun impiegato a libro paga, non rispetta i diritti sindacali, elude le tasse e viola le regole europee sulla privacy, potrebbe diventare il fornitore unico mondiale di servizi di mobilità.
La sfida per l’EBU è quella di aiutare tutti i suoi membri: dalla BBC (che ne ha meno bisogno) all’ERT (che ne ha un bisogno più grande) a compiere il salto per trasformarsi da broadcasters (cioè emittenti che comunicano unidirezionalmente) in servizi interattivi capaci di usare il digitale per soddisfare al meglio (grazie al canale di ritorno dell’Internet) i bisogni dei cittadini. Un avvenire digitale dove la triade “informare, educare, divertire” (che è da sempre al centro della missione dei servizi pubblici) si unisca alla missione di tenere insieme le nostre comunità (nazionali, locali, europee) e diventare centrale nel funzionamento delle società di domani più giuste e più sostenibili.
 
*Intervista accordata all’Ufficio Stampa e Comunicazione di Ginevra presso la Missione Premanente della Grecia all’ONU.
 
 

 

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