Incontriamo la Professoressa Domenica Minniti Gónias con l’occasione della presentazione degli Atti del Convegno Internazionale Italoellenica 2019, pubblicati dall’EKPA con titolo ”Οι ιταλικές λέξεις στη Νέα Ελληνική και τις διαλέκτους της και σε άλλες γλώσσες / Gli italianismi nel neogreco e i suoi dialetti e in altre lingue” (a cura di M. Heinz, D. Minniti Gónias, L. Serianni).

Con laurea in lingue e letterature straniere (Inglese, Tedesco, Francese e Neogreco) all’Orientale di Napoli, master in Linguistica italiana alla Sapienza di Roma e PhD in Studi comparati all’Università Nazionale e Kapodistrias di Atene (EKPA), Domenica Minniti Gònias è dal 2018 professoressa ordinaria di Linguistica italiana e Traduzione presso quest’ultimo Ateneo.
Si occupa attivamente della diffusione dell’italiano in Grecia e del greco in Italia: è stata responsabile del Centro Linguistico dell’EKPA, membro della Commissione per la Certificazione Nazionale di lingua straniera (KPG) e presidente della Commissione per l’introduzione dell’italiano nella scuola pubblica in Grecia. Come visiting professor ha tenuto corsi sul dialetto greco-calabro nelle università della Calabria, di Pisa e Orientale di Napoli. Dal 2022 è docente presso l’università Federico II di Napoli su incarico della Fondazione Uranis dell’Accademia di Atene.
Dal 2015 è direttrice del Laboratorio di Lingua, Traduzione e Studio del contatto italogreco dell’ EKPA e responsabile scientifico dei convegni “Italoellenica. Incontri sulla lingua e la traduzione” e di corsi di formazione dell’EKPA sulla traduzione e l’interpretariato. Dal 2018 fa parte dell’Osservatorio per gli italianismi nel mondo, dell’Accademia della Crusca e dell’Atlante Linguistico Mediterraneo.

 

Il Laboratorio di Lingua, Traduzione e Studio del contatto linguistico italogreco (LabItEl) dell’Università Nazionale e Kapodistrias di Atene è l’unico laboratorio in Europa per lo studio delle relazioni fra l’italiano e il greco. Quando è stato fondato e quali sono le sue attività?

Il LabItEl è stato fondato nel 2015, dietro mia proposta. Afferisce al Dipartimento di Lingua e Letteratura Italiana e si occupa principalmente di attività di ricerca. Le relazioni linguistiche e culturali costituiscono un campo privilegiato, considerati non soltanto il mio – mi sia consentito di dirlo – pluriennale impegno per lo studio e la diffusione dell’italiano in Grecia e del greco in Italia, quanto la necessità proprio di rafforzare i rapporti da sempre foltissimi fra le due nostre realtà con iniziative importanti, valide e durature. Come si può capire, la denominazione Italoellenica è il nostro motto.
In questa ottica, non poco onerosa, si inseriscono iniziative come l’organizzazione a scadenza biennale dei convegni Italoellenica. Incontri sulla lingua e la traduzione, che fino a oggi hanno fatto quattro edizioni, con tematiche interessanti e partecipazioni di studiosi illustri e con la puntuale pubblicazione degli Atti (L’italianistica in Grecia, 2015; Traduzione linguistica/Traduzione letteraria, 2017; Gli italianismi nel neogreco e i suoi dialetti, 2019 e Storie linguistiche e culturali fra la Grecia e l’Italia, 2021, in occasione del Bicentenario della Rivoluzione Nazionale).
In parallelo, il LabItEl svolge anche operazioni editoriali, come la pubblicazione dei materiali che scaturiscono dai vari incontri di studio da noi organizzati su argomenti poco o affatto contemplati sia in Grecia che in Italia – per es., quello su Dante e il greco / Dante in greco oppure la conferenza sul particolare linguaggio degli eroi del 1821; da entrambe le manifestazioni sono emersi elementi nuovi e originali, fra cui l’edizione del mio glossario delle parole italiane negli Apomnimonèvmata del valoroso Generale Makrijànnis, di prossima uscita.
Per quanto riguarda la traduzione, inoltre, posso dire che, anche grazie al contributo degli studenti più volenterosi e motivati, siamo riusciti a conquistare la fiducia di istituzioni di rilievo, come la Fondazione Culturale della Banca Nazionale (MIET), che ci ha affidato la resa in greco di un importante volume sulla cultura bizantina in Italia.
Ma fra le molteplici attività del LabItEl, rientrano anche quelle didattiche, come i corsi di formazione in italiano lingua straniera, tenuti da esperti linguisti e da lettori di lingua madre, assegnati annualmente presso il laboratorio dal Ministero degli Esteri e della Cooperazione Internazionale, grazie soprattutto ai buoni uffici dell’Ambasciata d’Italia e dell’Istituto di Cultura in Atene. Abbiamo effettuato la stesura delle Indicazioni ministeriali per il manuale didattico dell’italiano nella Scuola Media greca. Infine, siamo in attesa di attivare la collaborazione con l’università per Stranieri di Siena sulla certificazione delle competenze didattiche (DITALS). Insomma, come le dicevo, ci muoviamo εκατέρωθεν, su entrambe le sponde, per promuovere sia la lingua e cultura italiana in Grecia che la lingua e cultura greca in Italia.

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Italoellenica 2019 ha avuto per argomento gli italianismi nel greco, di cui lei si occupa sistematicamente nelle sue ricerche. Quali sono le conclusioni principali del volume degli Atti, presentato recentemente nei Propilei dell’università?

Le parole italiane presenti in greco costituiscono praticamente una miniera d’oro: quando meno te lo aspetti, scopri che quello che mangi, di cui ti vesti e con cui lavori è detto con una parola italiana: ultimamente ho scoperto cos’è la μισινέζα (missineza), una specie di spago di plastica usato nella pesca, che un tempo si importava da Messina; e la cosa più bella: è la pronuncia siciliana che si è attestata, non quella italiana ‘messinese’! Questo non è un caso, perché gli italianismi (fra cui vanno compresi i venetismi e i genovesismi) a volte sono parole molto antiche, che si ritrovano solo nei dialetti, o che dal lessico dialettale sono passati poi nella lingua comune o nell’onomastica, sempre con una connotazione particolare: chi riconoscerebbe nel cognome Μπαλταδώρου (Baltadòru) il mestiere di “appaltatore”, che nell’800 era colui che deteneva l’appalto di uno scavo durante la Rivoluzione? Il comportamento di queste parole “migranti”, che erroneamente chiamiamo “prestiti”, è straordinario: nelle isole Cicladi, dove notoriamente il Cattolicesimo è ancora vivo e molte istituzioni ecclesiastiche e culturali sono brillantemente amministrate dai φράρες (dal ven. ‘frare’ cioè “frate”), il termine ιησουίτης (gesuita) viene usato anche nel senso volgare di “ipocrita”… Habent sua fata verba, dicevano i latini, le parole hanno la loro storia!
Nel mio volume Italoellenica A´. Μελέτες για τον λεξικό δανεισμό (Studi sul prestito lessicale) ho dimostrato che i luoghi di codificazione delle parole italiane nel greco sono molteplici, dalle Ασίζες (Assìzes), le leggi medievali di Cipro, ai testi letterari del Rinascimento cretese – che, anzi, talvolta erano scritti direttamente in caratteri latini – a quelli teatrali dell’Eptaneso, regione dove ancora oggi si trovano abbondanti testimonianze anche nella lingua orale. Ma, come si sa, nelle Isole Ionie l’influsso dell’italiano, organo ufficiale fino alla metà dell’800, è tale che troviamo anche documenti di capitale importanza scritti in questa lingua, come le costituzioni della Repubblica Settinsulare – per non dire poi della produzione letteraria di Dionìsios Solomòs e tanti altri… Guardi, a ben cercare, si scopre sempre qualcosa, e io ho scoperto che la parlata degli ebrei delle Isole Ionie, i cosiddetti Πουλιέζοι (Pugliesi) è lo stesso italqim delle comunità giudaiche italiane, di cui parlo in un mio studio del 2012.
Insomma, chi crede che il detto “una faccia, una razza” sia solo un modo di dire, si sbaglia davvero e se oggi l’italiano è quasi relegato nel dimenticatoio, ciò è dovuto all’eminente ignoranza dei governanti che lo hanno estromesso dalla scuola!…
Di tanti e tali argomenti si è parlato a Italoellenica 2019, che a tale scopo ha ospitato i lavori dell’Osservatorio degli Italianismi nel Mondo (OIM), un gruppo di ricerca di cui faccio parte, afferente all’Accademia della Crusca e coordinato dall’indimenticabile Luca Serianni (sostituito, dal tragico luglio del 2022, da Matthias Heinz), che classifica e raccoglie su un’apposita piattaforma elettronica le parole italiane presenti in molte lingue, europee e non. Naturalmente, il greco detiene il posto d’onore per il numero, l’importanza storica e la vastità dei campi semantici ricoperti dagli italianismi in esso presenti. Svanita la speranza (per mancanza di fondi e di personale valido), che pure nutrivo, di pubblicare un apposito dizionario degli italianismi in greco, l’auspicio è che si riesca a immettere buona parte di questi materiali lessicografici sulla piattaforma, sperando che qualche ente voglia sostenere economicamente questi sforzi e che giovani ricercatori vogliano collaborare in questa enorme impresa del laboratorio. Un valido incentivo credo sia stato fornito dalla collaborazione fra l’OIM e CIVIS, una rete europea per la promozione delle relazioni interuniversitarie, che ha consentito la partecipazioni di studenti a una Summer School che si è tenuta quest’estate a Firenze, presso la Crusca.
Mi pare, inoltre, che un notevole interesse si sia destato con la presentazione degli Atti di Italoellenica 2019 – durante la quale abbiamo commemorato la nostra “guida” Luca Serianni, tra l’altro insignito della laurea honoris causa di questo Ateneo proprio durante il convegno –, a cui hanno partecipato Accademici della Crusca, fra cui la presidente onoraria Nicoletta Maraschio e Emanuele Banfi, e dell’Accademia di Atene rappresentata da Christòforos Charalambàkis. Siamo dunque fiduciosi che anche da parte istituzionale possa venire qualche risposta.

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Quale sarebbe il focus del Convegno Italoellenica 2023? Si prevedono collaborazioni universitarie e partecipazione del Laboratorio a progetti internazionali?
Mi fa piacere annunciare che Italoellenica 2023 sarà dedicato a Dialetti e lingue “altre” in Italia e in Grecia: lingua, tradizioni, legislazione. A parer mio, un approccio contrastivo dello stato delle cose in Italia e in Grecia sarà quanto mai interessante. Certamente quello che ci preme non è affrontare questioni nazionalistiche ma fotografare e capire il tema nella sua complessità e nelle sue ‘ricadute’ sul piano socio-culturale e, anche, nel mondo della scuola, per esempio. Inoltre, lo studio dei dialetti in Grecia ha sempre risentito di un atteggiamento di reductio ad unum da parte della lingua comune, per cui un confronto con l’Italia, dove i dialetti e le lingue ‘altre’ ricevono grande attenzione e studio, non può che essere proficuo. Come per ogni edizione, collaboreremo con organismi prestigiosi, in questo caso con l’Atlante Linguistico Mediterraneo. Com’è noto, si tratta di un gruppo di ricerca con sede presso la Fondazione Cini di Venezia, che riunisce i più importanti esperti di lessico relativo al mare, alla marineria e alla fauna marina di tutte le lingue dell’area mediterranea, dalle coste francesi a quelle nord-africane, fino alle colonie greche dell’Asia Minore; il greco vi è rappresentato dalla sottoscritta. Speriamo dunque, in collaborazione con l’ALM, di riuscire ad attirare l’attenzione su queste questioni.
Fra l’altro, l’istituzione nel 2021 del Seminario Permanente di Dialettologia Italogreca, in cooperazione con il Dipartimento di Studi Umanistici dell’università Federico II di Napoli ha anche l’obiettivo di riaprire un discorso serio e ponderato sui dialetti italogreci di Calabria e Puglia, un campo di studi ormai offuscato dalla “parafilologia” e strumentalizzato a vari livelli…

La minoranza linguistica greca in Puglia, Calabria e Sicilia. Quali sono le caratteristiche del dialetto griko e grecanico e come procede la loro preservazione come lingue minoritarie. Esiste interesse da parte delle giovani generazioni?

Come sa, provengo dall’area grecofona aspromontana e mi occupo di “lingue minoritarie” dai primi anni ’80, quando è uscito il mio primo importante lavoro sull’argomento, la tesi di laurea all’Orientale di Napoli, con un’ampia raccolta di testi inediti; tra l’altro, sono stata fra i sostenitori della legge 482 del 1990 e una degli artefici dell’Istituto Regionale di Studi Ellenofoni (sic) di Bova Marina, mia cittadina di origine. La mia posizione è molto critica nei confronti dei cosiddetti “operatori” del campo, per vari motivi; principalmente, quello che si trascura, tanto dalle parti mie quanto in Puglia, è proprio la coltivazione di questi dialetti attraverso uno studio serio delle caratteristiche linguistiche e dei molteplici elementi culturali da essi veicolati – per quanto di essi rimane. La cultura dei grecofoni è tipicamente aspromontana ed è stata tramandata oralmente; la trascrizione, per esempio, dell’onomastica locale con i caratteri greci, è un’operazione completamente priva di concretezza scientifica, giacché ignora le testimonianze del greco medievale nell’Italia meridionale, fornite da uno studioso di vaglia quale è stato Konstantinos Minàs e da me riprese nella “Proposta di trascrizione” di questi dialetti. Ma le denominazioni stesse di ‘griko’ e ‘grecanico’ sono problematiche: talvolta si sente parlare addirittura dei “grecanici”, come se si trattasse di un etnonimo…

Quanto alle caratteristiche linguistiche, esistono gli studi di Rohlfs e di Parlangeli, specialmente, e di Tsopanàkis per il greco; la portata del lavoro lessicografico di Karanastàsis, un unicum in verità, è per certi versi sminuita dalla trascrizione del dialetto in caratteri greci; un paio di dissertazioni accademiche basate sulla linguistica teorica, non tengono conto tuttavia dell’uso della lingua nei parlanti (partire dalla grammatica del neogreco standard per evidenziare quello che manca nel greco-calabro non mi sembra molto corretto scientificamente); l’attivismo linguistico, legato al concetto di “lingua in estinzione”, a parer mio, non è l’approccio indicato per questi dialetti, che costituiscono lingue minoritarie storicamente determinate. Insomma, il problema rimane: per studiare profondamente questi dialetti bisogna conoscere perfettamente la dialettologia greca e quella italiana; certo, non è facile.
A Italoellenica 2023, dove saranno presenti esperti dialettologi, cercheremo di trattare tutte queste problematiche, che del resto interessano anche il vasto pubblico, a giudicare dall’affluenza degli studenti al mio corso “Dialetti italogreci dell’Italia meridionale” qui all’EKPA. Per i lettori interessati, ecco un mio articolo più esteso, pubblicato sull’enciclopedia Treccani on line: https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/articoli/scritto_e_parlato/Toso12.html

Lei ha parlato prima di traduzione. È più difficile tradurre dall’italiano al greco o viceversa? Quali ritiene che siano gli elementi più importanti che dovrebbe tenere in mente un traduttore di queste due lingue?
La traduzione è un dono della natura, come l’attitudine per le lingue: o ce l’hai o non ce l’hai. Sembrerebbe un ossimoro, visto che si tratta di una disciplina che insegno da trent’anni, eppure è così; questa competenza, seppur innata, si può tuttavia affinare e approfondire con lo studio teorico e l’esercizio pratico. Essendo una specializzazione all’incrocio della Linguistica, della Cultura e della Letteratura, richiede conoscenze molteplici, vaste e profonde, tanto linguistiche quanto culturali; un esercizio “banale” che sottopongo sempre ai miei studenti principianti è la traduzione di ‘caffè’ in greco: quasi tutti traducono immediatamente καφές, laddove il traducente più appropriato potrebbe essere, per esempio, εσπρέσο… La traduzione non è se non la ricerca del corrispondente ideale nel testo di arrivo di un significato o immagine del testo di partenza, una ricerca a volte estenuante: non esistono infatti formule di successo, solo tanta passione e applicazione.
Personalmente, traduco in entrambe le lingue e direi che le difficoltà si dividono egualmente. Certo, non si può non tenere conto delle peculiarità strutturali del greco: è statisticamente dimostrato che un testo greco è più esteso di un testo italiano, ciò che si può immediatamente constatare nella traduzione con testo a fronte. D’altronde, la cultura greca è caratterizzata da usi, costumi e credenze particolari, che spesso riguardano quella che noi chiamiamo la καθ’ημάς Ανατολή, l’Orient après nous: in che modo rendere in italiano, per es., figure della tradizione quali il Διγενής Ακρίτας o significati come φιλότιμο o καθισιό ecc.? Sono giorni che vado cercando un corrispettivo di βλάμης, termine di conio albanese che si riferiva agli affiliati del Risorgimento, per ora senza risultato. D’altra parte, anche la lingua e la cultura italiana ha ancora molti segreti per il traduttore dal greco… Una questione importante, secondo me, anche nell’ambito della traduzione, è quella della trascrizione che però resta ancora irrisolta, sebbene venga generalmente applicato un sistema di corrispondenze che, francamente, talvolta crea qualche imbarazzo (per es., Βαγενάς viene traslitterato come Vaghenàs e non Vajenàs per non incorrere nel problema della pronuncia inglese; così facendo, però, si trascura la sostanza stessa tanto del greco quanto dell’italiano).
Comunque, bisogna riconoscere che i traduttori dal greco sono seri e lavorano con passione, perché, si sa, la nostra lingua e letteratura è molto poco conosciuta, a parte i grandi nomi. Quindi, le difficoltà sono proprio di ordine pratico e riguardano la disponibilità degli editori…

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Come descriverebbe la presenza del greco nella lingua italiana?
Il greco ha influenzato variamente e profondamente l’italiano, a livello diacronico: dal latino a oggi, non c’è stata epoca in cui non si registri l’apporto lessicale dal greco, talvolta anche massiccio, in vari comparti del vocabolario intellettuale e del lessico quotidiano.
Si registrano voci nell’età classica e postclassica (ampolla, borsa, canestro, balena, delfino, filosofia, retorica, aritmetica, geometria, geografia, apostolo, battesimo, martirio), in epoca bizantina (anguria, basilico, indivia, lastrico, anche voci marinaresche tramite Venezia, come galera, gondola, molo, ormeggiare), nel periodo umanistico-rinascimentale, con grecismi presi direttamente da fonti classiche (catastrofe, clinica, dialetto, ecatombe, entusiasmo, eutanasia, omonimo, ottica, parafrasi, peripezia, scenografia) e nel Seicento-Settecento, con la nascita delle scienze moderne (per es. la terminologia medica). Infine, abbiamo le migliaia di neologismi che in tutte le epoche vengono modellati con particelle come auto-, tele- demo-, filo-, idro-, -fobia, -logia, -mania, -patia ecc.
Basti pensare che il Grande dizionario dell’uso di Tullio De Mauro censisce, sui circa 250.000 lemmi complessivi, circa 8000 grecismi: ciò significa che ogni trenta parole una è di origine greca. Ecco un altro bell’esempio del rapporto strettissimo e indelebile fra italiano e greco!

Con l’occasione della Giornata Mondiale della Lingua Greca, il 9 febbraio, quale messaggio vorrebbe lasciare in quanto all’importanza e l’influenza della lingua greca a livello mοndiale?
Come saggiamente scrive Luca Serianni nella Lectio magistralis tenuta qui ad Atene in occasione del conferimento della laurea honoris causa (e ora pubblicata nel volume degli Atti), “dire quanto non solo l’Italia ma l’intera cultura occidentale debba alla civiltà greca significa davvero cadere nell’ovvio: dall’invenzione della lirica alla costituzione delle categorie del pensiero logico. Del resto, l’intero lessico intellettuale è stato innervato dal greco”.
Credo che qualunque considerazione che volessi aggiungere sarebbe superflua rispetto a quanto dicono e fanno molti altri, in Italia e in tutta Europa per la promozione del greco. La Giornata Mondiale della Lingua Greca è un’iniziativa partita anni fa da Napoli, su un’idea dell’instancabile Jannis Korinthios, allora presidente delle Comunità Greche d’Italia; l’anno scorso è stata celebrata anche ad Atene, per l’organizzazione dall’amministrazione provinciale dell’Attica e con una folta partecipazione di rappresentanti della Diaspora. Anche in quell’occasione, ebbi modo di segnalare che fino a un decennio or sono, l’Italia deteneva il maggior numero di cattedre universitarie di Lingua e Letteratura Neogreca, per non dire poi degli Istituti di Palermo, Roma e Padova, che sono stati all’avanguardia delle pubblicazioni di testi letterari e scientifici e dell’edizione di uno strumento indispensabile quale il Dizionario neogreco-italiano dello ISSBI (a quel dizionario collaborò anche il poeta Nikifòros Vrettàkos negli anni dell’esilio a Palermo). Oggi, l’interesse per la lingua e la cultura greca è uscito dallo spazio accademico e ha raggiunto il vasto pubblico, grazie soprattutto alle campagne turistiche promosse dal Paese. Ma la diffusione del greco va assolutamente incrementata e sostenuta anche nelle scuole e nelle università, per esempio con il ripristino dei lettori inviati dal ministero, una misura in vigore fino a circa dieci anni fa, poi sospesa a causa della crisi; ma non è che un esempio, le proposte ci sono e se ne potrebbe discutere con chi di dovere. La Grecia ha tutto l’interesse a coadiuvare i vari Paesi nella promozione della propria lingua, letteratura e cultura.

 Vedi anche: 

 

Dialettologia italogreca

Il greco in Italia

  • https://www.facebook.com/Il-greco-in-Italia-426168967444638/

 P.K.