Dopo 94 anni, trentasette “sculture-profughe” raccontano la fuga verso la salvezza. Eppure, ci sono anche delle statue … rifugiate!

Ovviamente l’umanità ha conosciuto -nel corso del tempo- tante storie drammatiche di rifugiati, di migrazioni e di spostamenti massicci di popolazione, nella maggior parte violenti, a volte anche organizzati (a seguito di accordi e trattati internazionali), ma questa storia di “statue-rifugiate” è un caso unico.

Una mostra temporanea inaugurata recentemente presso il Museo Archeologico di Salonicco segue la fuga fino alla salvezza di quei rifugiati molto particolari: le antichità di Raidestos (l’odierna Tekirdağ) – lo storico porto sulla costa della Propontide, circa 100 chilometri a ovest di Istanbul -, dopo l’evacuazione della Tracia orientale nel 1922.

Raidestos – Salonicco. Antiquità sulla via dell’esilio” è il titolo della mostra realizzata con … “materiali archeologici” recuperati dai magazzini del museo, dove erano conservati per … 94 anni! Sin dal 1922, quando quei profughi di marmo, sradicati da Raidestos, erano arrivati a Salonicco in barca. Si tratta di 37 opere di scultura: statue, stele funerarie, rilievi e colonne, sculture votive, elementi architettonici e iscrizioni. Gli oggetti esposti al Museo archeologico di Salonicco coprono un ampio arco cronologico, che si estende dall’età arcaica (6 ° secolo aC) fino all’epoca romana (4 ° secolo dC).

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Alla fine della Grande Guerra (1914-1918), il Trattato di Sèvres del 10 agosto 1920 ridefinì ulteriormente i confini balcanici e mediorientali. In questo contesto, la Tracia orientale fu assegnata alla Grecia. Purtroppo, poco più tardi, dopo la sconfitta greca nella campagna d’Asia Minore, nota nella storiografia ellenica come catastrofe dell’Asia Minore, la Tracia orientale venne di nuovo concessa alla Turchia, a seguito dell’Armistizio di Mudanya (11 ottobre 1922), benché questo territorio non fosse perduto durante qualche operazione militare. I greci sono dunque evacuati da queste regioni. L’Armistizio di Mudanya è seguito dal Trattato di Losanna (24 luglio 1923), un punto strategico del quale era lo scambio di popolazione tra i due Paesi. La popolazione greco-ortodossa fu costretta a lasciare la patria e installarsi in varie parti del territorio greco.

Migliaia di greci della Tracia orientale presero la triste via dell’esilio. E portarono con sé, oltre ai loro figli e ai pochi oggetti personali, qualche icona o altro preziozo cimelio religioso o familiare, e anche queste statue, anche esse cimeli della patria perduta. Le statue e alcune iscrizioni furono consegnate dai rifugiati al Museo Archeologico di Salonicco.

La mostra è stata programmata due anni fa, prima del massiccio flusso verso la Grecia di rifugiati provenienti dai paesi del Medio Oriente. Questa è una sfortunata coincidenza che rende la mostra estremamente opportuna, ricordandoci che la storia si ripete, con gli stessi tragici errori e con l’aggravante di avere ignorato le esperienze del passato”, spiega l’archeologa Polyxeni Veleni, direttore del museo, aggiungendo: “Speriamo che la mostra possa essere un’occasione di riflessione e che nessuno sia costretto, per qualsiasi motivo, a lasciare la sua patria nel futuro”.

La pubblicazione del catalogo della mostra, dedicato ai “rifugiati di ieri e di oggi”, come indicato nelle prime pagine, è stata realizzata con il sostegno del gruppo Efthimiadis, il cui fondatore ebbe origine anche lui da Raidestos.

La mostra sarà aperta al pubblico fino al 31 gennaio 2017.

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