Ritenuto fino ai nostri giorni il “padre della medicina”, Ippocrate, che visse in Grecia durante l’età d’oro di Pericle, ebbe un ruolo fondamentale nel consolidarsi della professione del medico, l’iatròs, lasciando ai posteri un corpus di opere di inestimabile valore scientifico; a queste si aggiungeranno gli scritti di numerosi suoi discepoli e seguaci, la maggior parte dei quali destinati a rimanere nell’anonimato, venendo così a formare una vasta e variegata raccolta di opere, spesso interamente attribuite a Ippocrate.

Ippocrate di Coo, l’Asclepiade

Attraverso una minuziosa disamina di varie fonti, sia contemporanee che successive all’epoca di Ippocrate, Jacques Jouanna si è impegnato, tra l’altro, a rintracciare il percorso storico della “figura di Ippocrate”, nella quale, naturalmente, si sono talvolta fusi anche racconti e testimonianze concernenti discepoli, continuatori dell’opera o compagni di viaggio di Ippocrate (2001). Nato sull’isola di Cos, nel 460 a.C., Ippocrate veniva da una famiglia aristocratica di medici che affermavano di essere discendenti di Podalirio, figlio di Asclepio (l’Esculapio dei romani), il dio della medicina originario della Tessaglia. Ippocrate fu educato e praticò la sua professione a Cos, dove divenne un medico rinomato. Jouanna riporta tanti degli aneddoti sulla vita di Ippocrate, quale l’incontro con Democrito ad Abdera o il suo rifiuto di prestare i propri servizi alla corte del re persiano Artaserse I. In linea con la tradizione del medico itinerante dell’epoca, Ippocrate intraprese un viaggio che lo avrebbe portato nelle terre di Asclepio, in Tessaglia, ma anche in Macedonia, in Tracia, e persino fino a Propontide. Delle sue visite mediche in Tessaglia, gli scritti ippocratici offrono un resoconto estremamente dettagliato. Jacques Jouanna riferisce alcuni degli aneddoti legati a questo periodo, come la presenza di Ippocrate alla corte del re macedone Perdicca II o il modo in cui intendeva proteggere i greci nel loro insieme di fronte a una pandemia proveniente dal nord “barbaro”. Nel corso degli anni della sua attività Ippocrate non ruppe mai i legami con l’isola natale di Cos e, come si legge nel famoso discorso detto “Presbeutikos”, intervenne a suo favore facendo, per tramite del figlio Tessalo, appello agli ateniesi perché cessassero la guerra contro il suo paese natale. In questo stesso discorso, fonte di molteplici informazioni, si rivelano anche i vincoli particolari di Ippocrate e della sua famiglia con il sacro luogo di Delfi. Ippocrate morì in età avanzata a Larissa, fra il 375 e il 351 a.C. (Jouanna 2001). Alla sua morte egli avrebbe acquisito una fama impareggiabile, in primo luogo tra i suoi contemporanei, ravvisabile, ad esempio, nelle citazioni delle sue dottrine nei testi platonici o nella descrizione di ascendenza ippocratica che Tucidide fece della famosa peste ateniese, e.a. (Jouanna 2001).

Un contributo imperituro

Il valore dell’eredità della scuola ippocratica è pluridimensionale. In primo luogo, esso risiede nella stessa metodologia ippocratica, cioè nell’osservazione empirica e nella descrizione della sintomatologia clinica di ciascun caso, nonché nel suo apporto alla formazione di una terminologia dettagliata (Orfanos 2007). Inoltre, a Ippocrate si attribuisce il merito di aver elaborato una medicina razionale che ha preso le distanze, senza però staccarsi del tutto, dall’elemento sacro e religioso. In realtà, la razionalità laica di Ippocrate era piuttosto flessibile rispetto a quella di altri suoi contemporanei più radicali, come Tucidide (Jouanna 2001). Tuttavia, Ippocrate e l’affermazione del suo pensiero segnarono il declino (irreversibile) delle spiegazioni di natura metafisica nell’ambito della medicina. Degno di nota è anche il fatto che Ippocrate ha lasciato in eredità al mondo medico una serie di rigorosi precetti etici riguardo alla condotta dei medici, prima di tutto con il cosiddetto Giuramento di Ippocrate. Ancora oggi, a livello medico mondiale, la terminologia medica, il codice deontologico, il concetto olistico del benessere (lontano da rigide dicotomie tra uomo/ambiente, corpo/psiche) e l’attenzione empirica nei confronti delle epidemie e delle malattie infettive, fanno dell’eredità ippocratica un punto di riferimento e di ispirazione tra gli scienziati medici (Pappas et al 2008, Orfanos 2007).

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Asclepio che approda a Cos. Ippocrate a sinistra e un abitante di Cos a destra.
Mosaico del II o III secolo a.C. Museo Archeologico di Cos.
Fotografia di Dr. Phil. Heinz Schmitz. (Fonte: Wikimedia Commons/ Licenza: CC BY-SA 2.5) 

Le epidemie come questione sociale

Una particolare menzione va fatta al lavoro della scuola ippocratica sulle malattie infettive e al suo impiego nella letteratura scientifica contemporanea; Pappas, Kiriaze e Falagas segnalano alcune descrizioni che potrebbero riferirsi alla peste bubbonica, la malattia responsabile della peste di Atene (430-428 a.C.), ma anche descrizioni minuziose delle febbri ricorrenti della malaria; Ippocrate mise in rilievo i fattori ambientali della malaria, tra cui la vicinanza di acque stagnanti (Pappas et al 2008). In modo analogo, Mirko Grmek fa notare che gli scritti ippocratici riflettono una vasta esperienza clinica della malaria nell’area greca, rispecchiando un interesse diffuso, presente anche nella letteratura non medica dell’epoca (si vedano i riferimenti alle febbri malariche molto comuni nella vita quotidiana degli ateniesi in Aristofane o Platone) (1989). Oltre alla malaria, che era la malattia per eccellenza del mondo greco (Grmek 1989), la metodologia ippocratica è stata applicata anche in altre occasioni, come nel caso della famosa “tosse di Perinto”. Quest’ultima è stata oggetto di uno studio quasi epidemiologico condotto da un seguace della scuola ippocratica, o dallo stesso Ippocrate, che visitò la colonia greca di Perinto nella Propontide intorno al 400 a.C.. A partire da allora, diversi medici specialisti e molti classicisti si sono occupati della sintomatologia clinica della “tosse perinziana”, spesso considerata come la prima descrizione di un’epidemia influenzale, ma in realtà piuttosto meglio spiegata sotto il profilo della difterite o della comparsa simultanea di più malattie infettive (Pappas et al 2008, Grmek 1989).

Va notato che il termine stesso di “epidemia” nell’opera di Ippocrate si riferiva a una o più malattie generali che colpivano una gran parte della popolazione (Jouanna 2001), o secondo Mirko Grmek, la totalità delle malattie che potevano essere osservate in un dato luogo e in un dato momento (1989). Jacques Jouanna nota che l’idea del contagio da uomo a uomo era probabilmente estraneo al pensiero ippocratico, secondo il quale la causa delle malattie (trasmissibili) sarebbe legata solo a fattori ambientali (Jouanna 2001). Senza dubbio, l’interesse scientifico riservato all’osservazione e alla gestione medica del sociale nel suo complesso sono degli elementi chiave per capire l’attualità che il ragionamento ippocratico conserva anche per le nostre società moderne.

Studi ippocratici: tra medicina e studi greci

Fin dalla loro introduzione, i concetti della medicina ippocratica hanno persistito nel corso dei secoli. Nel mondo occidentale questo sarà il caso perfino durante il Medioevo, malgrado il fatto che le dottrine ippocratiche fossero poco diffuse in quei tempi. Intanto, l’eredità ippocratica sarà custodita e valorizzata con dinamismo nel mondo islamico e nell’Asia centrale; Con l’avvento del Rinascimento l’Europa saprà riappropriarsi dei precetti ippocratici e dell’eredità medica dell’antichità attraverso il prisma dell’Umanesimo crescente di quel periodo (Orfanos 2007). Nonostante l’approccio medico ippocratico sia stato, a partire dal XIX secolo, inevitabilmente superato dai progressi scientifici dell’epoca (Jouanna 2001), la figura e l’opera di Ippocrate non smettono mai di essere riproposte nel mondo della medicina, innanzitutto come simboli e riferimenti storici, ma anche, naturalmente, tra gli storici e i classicisti, e continuano a ispirare a tutt’oggi medici e ricercatori in tutto il mondo.

*Immagine di copertina: Ippocrate rifiuta i doni di Artaserse (1792) di Anne-Louis Girodet de Roussy-Trioson (1767-1824), Collezione del Museo di Storia della Medicina di Parigi.

Testo originale: “Hippocrate, «père de la médecine» : figure historique et symbole universel” in GrèceHebdo

s.d.

Da rileggere su PuntoGrecia: “La Lotta alle epidemie e la comunità internazionale all’inizio del XX secolo: la Grecia sulla soglia della modernizzazione sanitaria” (27 aprile 2020)

 

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